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Le foto di Litvinenko usate come bersaglio in un poligono delle forze speciali russe

Le immagini, scattate dopo la morte dell’ex spia del Kgb avvelenata a Londra, aggiungono nuovi sospetti al coinvolgimento di Mosca nell’assassinio

Le foto di Litvinenko usate come bersaglio in un poligono delle forze speciali russe

Londra - Alexander Litvinenko era morto da sei giorni eppure qualcuno in Russia ancora gli sparava. Il fatto che si trattasse soltanto di un addestramento dei migliori uomini delle forze speciali della Spetsnaz non minimizza l’accaduto. Secondo quanto scoperto dal quotidiano britannico The Times, alcune truppe militari sovietiche hanno utilizzato l’immagine dell’ex spia avvelenata a Londra dal polonio 210 il 23 novembre scorso per esercitarsi nel tiro al bersaglio.
Le immagini riportate dal giornale sono state riprese in un campo poco distante da Mosca dove 90 soldati della brigata Vityaz stavano gareggiando per conquistare in premio il berretto marrone delle forze speciali. Non basta, dell’insolita esercitazione esiste perfino un video pubblicitario che mostra delle giovani reclute dapprima impegnate nei soliti esercizi di addestramento che alla fine riempiono di revolverate un’immagine del povero Sasha. La sua faccia viene rapidamente crivellata di pallottole da nove millimetri. All’evento era presente anche Sergei Mironov, presidente del Senato russo e uno dei politici più influenti a Mosca, mentre premia i nove soldati più meritevoli con il berretto marrone della Spetsnaz.
La nuova rivelazione ha ovviamente fornito ulteriore credito a chi sostiene che dietro alla morte dell’ex spia russa ci sia la nomenclatura del Cremlino. «Tutto questo non fa che provare ancora una volta che Alexander Litvinenko era il numero uno nella lista dei servizi segreti russi - ha dichiarato ieri al Times Alexander Goldfarb, portavoce della famiglia della vittima - era il loro acerrimo nemico». Sergei Lysiuk, direttore del centro, insignito della massima onorificenza di «eroe della Russia» ha subito tentato di togliere il governo dai carboni ardenti sottolineando che l’organizzazione è privata e non ha alcun collegamento con gli enti governativi. Ha dichiarato inoltre di aver «ospitato» l’esercitazione per fare un favore a un vecchio collega affermando poi di non sapere che l’immagine utilizzata come bersaglio fosse quella di Litvinenko. Secondo l’uomo si sarebbe trattato semplicemente di uno dei numerosi bersagli acquistati quattro anni fa a una fiera.
Ieri sempre il Times ricordava che proprio Lysiuk viene citato nel libro-denuncia scritto da Litvinenko in cui l’ex spia afferma che alcuni attentati avvenuti in Russia nel 1999 sarebbero da attribuire ai servizi segreti accusati di voler scatenare la seconda guerra cecena per consolidare il potere di Vladimir Putin.
Anche il Cremlino ha immediatamente preso le distance confermando la versione data da Lysiuk. Il portavoce Dmitri Peskov ha ammesso di essere a conoscenza del fatto che si sparava alla faccia dell’ex agente, ma ha ripetuto che la struttura non ha nulla a che fare con le forze speciali russe. È fin troppo chiaro però che l’ultima puntata del giallo che vede direttamente coinvolti gli investigatori di Londra e Mosca rischia di compromettere tutti gli sforzi fatti finora dal governo di Putin per dimostrare la sua totale estraneità in questo caso. Soltanto il mese scorso il ministro della Difesa sovietico Sergei Ivanov aveva dichiarato: «Per noi Litvinenko era irrilevante». Alla luce delle ultime notizie l’affermazione risulta però sempre meno credibile. Secondi fonti citate dal quotidiano inglese, ora Scotland Yard sembra pronta a chiedere ulteriori spiegazioni sul video appena scoperto e non è affatto escluso che la cosa crei altre tensioni tra gli inquirenti britannici e quelli sovietici. Già lo scorso mese infatti c’erano state delle schermaglie con Mosca che aveva impedito a Scotland Yard di interrogare numerosi agenti delle forze speciali.

Il governo di Putin aveva inoltre irritato non poco gli inglesi quando aveva presentato una lista con più di cento persone da interrogare a Londra, molte delle quali secondo le autorità britanniche erano del tutto estranee al caso.

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