Fotografia Obelischi? Ce ne sono più a Roma che in Egitto

Il loro nome, dal greco «obelos», vuol dire piccoli spiedi. Sono gli obelischi, quei misteriosi simboli solari che sembrano emanare una sottile energia occulta. Una sorta di fluido cosmico che dovevano elargire ai faraoni forse in virtù del numero quattro che li caratterizza, ovvero le quattro direzioni dello spazio. Per ammirarli non è necessario andare in Egitto. Ve ne sono molti di più a Roma. Non è poi così strano, visto che la moda delle cose egizie nacque proprio qui quando i Romani, con la conquista della Valle del Nilo (I secolo a.C.), entrarono in contatto con la sua civiltà plurimillenaria. Partendo dal suo interesse per l’archeologia romana in Nord Africa, il fotografo Carmine Perito ha realizzato una documentazione completa degli obelischi romani, che ora viene esposta nella mostra «Pietra angolare. Obelischi a Roma», ospitata fino al 15 ottobre nel Centro Culturale Egiziano (via delle Terme di Traiano, 13). Fotografie in bianco e nero, o al massimo seppiate, che mostrano le soluzioni pensate da Domenico Fontana, Gianlorenzo Bernini e altri architetti per esaltare i monoliti egiziani, divenuti per volere dei papi piedistalli per la croce. Agli obelischi propriamente egizi, tra cui il cosiddetto Lateranense, il bellissimo Flaminio (in piazza del Popolo), o quello celeberrimo di piazza San Pietro, è dedicata una prima sala, mentre un’altra accoglie quelli di epoca romana, come per es. quello fatto realizzare da Domiziano per l’Iseo Campense, in seguito trasportato nel circo di Massenzio sulla via Appia e poi egregiamente sistemato in piazza Navona dal Bernini. Ci sono, a parte, gli obelischi moderni e contemporanei, da quelli di Villa Medici e di Villa Torlonia alla stele Marconi all’Eur, fino al più recente «Obelisco Novecento» di Arnaldo Pomodoro, eretto nel 2004 in piazzale Pier Luigi Nervi. E qui viene spontaneo pensare ai cambiamenti dei nostri tempi, che non invitano più alla trascendenza, all’unione cielo-terra, ma alle tensioni e alla complessità del divenire della materia e del progresso.

Le fotografie di Perito, realistiche e al contempo straniate, ci mostrano una Roma conosciuta eppure diversa, con una miriade di particolari che spesso sfuggono alla vista, ma indispensabili per la comprensione delle opere, come le cuspidi che, partendo dall'iniziale «pyramidion» egizio, si arricchiscono di sfere, croci e altri elementi simbolici.
Orario: dal lunedì al venerdì 10-13; 14-17

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