Cultura e Spettacoli

LA FOTOINTERVISTA DEL PIGRO BONOLIS

Almeno ogni tanto, in televisione, compare qualcosa che ha la parvenza della novità. Ad esempio, bisogna dare atto a Il senso della vita (giovedì su Canale 5, ore 23,45) di avere presentato fin dalla sua prima stagione la cosiddetta fotointervista, capace di fare a gara con l'intervista doppia delle Iene nel conquistarsi svariati tentativi di imitazione in un mondo televisivo che, povero di idee, si butta a pesce non appena se ne affaccia qualcuna da sfruttare in ogni ambito possibile. La fotointervista scombina il classico formato delle «domande e risposte», e consente all'intervistato di dettare i tempi e i ritmi dei propri ricordi e delle proprie opinioni partendo dall'impulso di una immagine proposta anziché da una domanda specifica. Nel contempo, come rovescio della medaglia, la fotointervista è anche un notevole segnale di resa dell'intervistatore al cospetto dell’intervistato, e consacra definitivamente - evidenziandola in modo paradossale - la crescente crisi della capacità di porre domande pertinenti, accattivanti, interessanti da parte del nostro giornalismo e di chi se ne fa di volta in volta interprete. La penuria tutta italiana di bravi intervistatori, che soffre di esempi evidenti (alla scarsa preparazione specifica di chi pone domande si sovrappone sempre più spesso un atteggiamento reticente e la voglia di glissare su possibili quesiti scomodi), viene risolta alla radice dalla fotointervista, che elimina la domanda dal gioco del botta e risposta e lascia campo libero all’intervistato per dire la sua senza un sostanziale contraddittorio, trasformando l'incontro in un monologo senza freni. L'esempio più eclatante lo si è avuto proprio nell'ultima puntata del programma, in cui Bonolis ha premesso che la fotointervista dedicata a Gianfranco Funari era caratterizzata, rispetto al solito, dal fatto che l'intervistato aveva scelto personalmente le foto da commentare. Si è arrivati quindi all'abbattimento di una ulteriore frontiera: nel caso specifico non solo l'intervistato era sollevato dal «peso» di dover far fronte a una domanda e alle sue eventuali insidie, ma poteva addirittura permettersi di scegliersi gli argomenti da affrontare. Non si capisce, a questo punto, cosa ci stia a fare l'intervistatore. L'unico sforzo di Bonolis, che appare peraltro piacevolmente sollevato dall'incombenza di dover porre qualsivoglia domanda, consiste ormai in qualche espressione facciale a commento del monologo dell’intervistato, o tutt’al più nel variare le posizioni delle mani (sul mento, sulla bocca, dietro l'orecchio) tra una foto e l'altra.

In definitiva, la fotointervista appare un ottimo espediente per venire incontro alla pigrizia degli intervistatori e per soddisfare la logorrea degli intervistati.

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