Nautica ridimensionata?
«Sì. Lo ha detto chiaramente anche il presidente Albertoni. Negli ultimi anni ci siamo lasciati trascinare nel vortice del Paese del bengodi. La nautica cresceva a doppia cifra mentre gli altri settori erano più indietro. Abbiamo fatto passi da gigante, però non era tutto oro. Abbiamo investito, abbiamo ampliato stabilimenti e produzioni. E questo ci ha fatto del male. L’anno scorso non ce ne rendevamo conto, ma era sicuramente peggio. C’era in giro il cosiddetto “tossico”, cioè uno stock di imbarcazioni nuove vendute al prezzo dell’usato. Ci presentiamo ai saloni con i concessionari che vogliono comprare, prenotare… Non sappiamo come sarà. Le prime indagini ci dicono che non sarà rosea… Poi è chiaro che ognuno giocherà la carte delle novità, che tirano sempre. Sessa presenterà cinque nuovi modelli. Noi continuiamo a crederci».
La finanza ha fatto disastri...
«Non è questo il nostro mestiere. Non è neanche il nostro mondo. Io continuo a credere che la nautica sia artigianato di alto livello. Alla fine i fondi si sono rivelati un bluff. Si cercava il risultato, subito, stravolgendo la filosofia d’impresa. Chi lo ha fatto, lo ha fatto per crescere velocemente, per raddoppiare e triplicare fatturati».
Salvando posti di lavoro…
«I posti di lavoro si salvano tirando la cinghia. Io l’ho fatto, tagliando spese di rappresentanza, viaggi, e altro ancora. Abbiamo risparmiato. Salvando cultura aziendale e il patrimonio-lavoratori. Ai quali abbiamo insegnato un mestiere».
La Croisette guarda lontano...
«Sì, verso il Brasile, è il migliore mercato del momento. Ma vorremmo che gli italiani avessero un approccio con il mare un po’ alla francese. Auspico meno lusso e più concretezza, anche se per la stampa il made in Italy resta sempre il settore della moda...».
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