Franceschini: «Un decreto per l'autonomia della Scala»

Salvato in corner. O almeno così dovrebbe essere. Stiamo parlando del Teatro alla Scala, scampato per il rotto della cuffia (con il maxi emendamento alla Legge di stabilità) alla mannaia del decreto Valore Cultura che imponeva un taglio del numero di membri del consiglio di amministrazione (da 11 a 7, quindi con minore spazio ai soci privati) e la sottoponeva a controllo statale. Il maxi emendamento prevedeva che entro il 28 febbraio un decreto del ministro per i Beni culturali «di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze», identificasse le fondazioni lirico-sinfoniche che possono «dotarsi di forme organizzative speciali», cioè conquistare l'autonomia.
Detto, fatto. Il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini ieri ha annunciato di aver chiesto agli uffici di predisporre il decreto che elenca le fondazioni lirico-sinfoniche che possono ottenere una forma gestionale speciale, ovvero l'autonomia. Una data non cogente, ha sottolineato Franceschini, ricordando di essere «arrivato il 27 febbraio. Il 28 ho scritto agli uffici per predisporre il decreto». L'annuncio al termine dell'incontro a Palazzo Marino con il sindaco e presidente della Fondazione Teatro alla Scala Giuliano Pisapia. Proprio poco prima dell'incontro, durante la conferenza stampa su Expo, il sindaco aveva rinnovato la richiesta di «interventi in tempi brevi per restituire l'autonomia alla Scala e per risolvere la situazione del Piccolo teatro perchè senza queste due eccellenze l'Italia è meno attrattiva».


Ora rimane da salvare il Piccolo Teatro, sull'orlo del baratro per la spending review. La sala intitolata a Strehler infatti, per via della legge di stabilità è ancora nell'elenco Istat (tradotto: più burocrazia, più vincoli e tagli ai finanziamenti).

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