La Francia in campo là dove Parigi brucia

Tony Damascelli

Ferdinand, Jean, Lazare sono i più giovani, hanno centosette anni. Louis ne ha cento e otto, Lyon un anno di più. Chiude la brigata maurice che il giorno di Natale celebrerà centoundici anni. Sono i sei reduci della Prima guerra mondiale, detti poilus perché restando in trincea non avevano tempo e voglia di radersi la barba e dunque erano pelosi per necessità. Che c’entra tutto questo con Francia-Germania in onda stasera a Parigi? C’entra. Perché ieri la Francia ha ricordato il giorno dell’armistizio, addì 11 novembre della Prima guerra mondiale, quando i Franzouses, come venivano sbeffeggiati al fronte, rispedirono a casa i tedeschi. Stasera si gioca a pallone, i sei poilus staranno a casa, al caldo, i sessantamila, non molti di più per il ponte festivo e qualche timore, andranno allo Stade de France per assistere a un’altra sfida storica, meno bellica ma forse bellicosa, magari con un’altra vittoria dei franzouses. Scrivono in molti, direi tutti, che la banlieue brucia. Non certo Saint Cloud, nemmeno Rueil o Nanterre che sono banlieue pure isse, qui si dovrebbe dire le cités, che sono una cosa ancora differente, come appunto Seine Saint Denis che è il Bronz di Saint Denis, sito dello stadio mondiale. A volo di uccello ci saranno un paio di chilomeri, di là le fiamme delle automobili bruciate, di qua il boato dei tifosi. Non c’è liaison, direbbero i francesi, perché lo stadio è terra e territorio diverso da quello che brucia le notti.
I tedeschi, la squadra del californiano Klinsmann, sono arrivati con le guardie del corpo, il clima non è di quelli dolci ma l’allarmismo è eccessivo. In verità monsieur Simonin, responsabile della sicurezza allo Stade de France, ha dichiarato che questa sera verrà collocato un poliziotto ogni metro quadrato. C’è da chiedersi che cosa accadrà due chilometri più in là, se appunto le forze dell’ordine saranno tutte concentrate attorno a Thierry Henry, Anelka (dirò a breve una cosa) o i due tedeschi Klose e Podolski? La vigilia è carica per chi arriva da fuori. Per i parigini è un sabato come un altro. Per il resto della comitiva ci sarà il solito clima di sempre, attorno a una partita internazionale. Ho detto di Anelka. Quando monsieur Domenech venne nominato selezionatore della nazionale di Francia, disse testualmente: «Non convocherò Anelka anche se avrò sessantamila infortunati». Ora gli infortunati saranno al massimo due o tre e Anelka è presentissimo. Fate un po’ voi.
Il problema socio esistenziale attorno al quale gira la vigilia della partita ha trovato nottetempo il solito sfogo di fiamme e sassi, Clichy, Aulmay, le case dormitorio, le cantine polveriere, gli emarginati che offendono i loro parenti integrati.

Henry o Anelka sono tra gli integrati, «quelli delle Antille» dicono i francesi per intendere, lo stesso Thuram che ha preso posizione contro il governo ma sa anche che non è più il tempo de à la guerre comme à la guerre. Il calcio, questa sera, darà il buon esempio e se qualcuno ha altre intenzioni chieda ai sei poilus che cosa è la vita.

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