Francia e Spagna sotto accusa per il deficit, Italia ok

RomaQuella previsione di un Pil 2009 in calo del 2,5% - fatta dal centro studi confindustriale il 10 febbraio scorso - non gli è andata giù. Ma come fa la Confindustria ad essere più pessimista del Fondo monetario internazionale, si è chiesto Claudio Scajola. E alla fine ha sbottato: «Basta con questi corvi». Aggiungendo, a scanso di equivoci: «Sono perplesso per certi scenari di Confindustria: ogni volta che c’è una valutazione di un organismo economico, come l’Fmi o l’Ocse, la Confindustria ci mette il carico».
La polemica arriva proprio nel giorno in cui Emma Marcegaglia propone di bloccare nelle aziende, per un anno, il flusso dei versamenti del Tfr. Secondo il ministro dello Sviluppo economico, i centri di ricerca nazionali quasi si compiacciono a diffondere pessimismo, rivedendo sistematicamente al ribasso, almeno di mezzo punto percentuale, le stime degli istituti internazionali. Nel suo mirino, in particolare, il Csc. Scajola ricorda infatti che i principali previsori internazionali, dalla Commissione europea all’Fmi, prevedono una ripresa per il 2010. La stessa Confcomercio, ieri, ha stimato un calo del Pil dell’1,8%: che bisogno c’è, allora, di «diffondere pessimismo»? Né Scajola vede il bisogno degli «stati generali» dell’economia, invocati da Luca di Montezemolo. Il governo, aggiunge il ministro, sta facendo la sua parte con il pacchetto di sostegno al settore automotive, gli sgravi fiscali per l’acquisto di elettrodomestici e mobili, gli stanziamenti per la cassa integrazione. Si aprirà anche, il prossimo 26 febbraio, un tavolo per il settore del tessile-abbigliamento, perché «per il governo - osserva Scajola - non esistono figli e figliastri, anche se i diversi settori hanno le loro specificità».
Emma Marcegaglia definisce «molto pesante» la crisi: in molti settori come l’acciaio, l’auto e il tessile si è riscontrato «un drastico calo della domanda, nell’ordine del 30-40%. Perciò - aggiunge il presidente della Confindustria - è necessario che il governo sostenga l’economia, perché c’è il rischio che si fermi». Fra le misure immediate, Marcegaglia propone il mantenimento in azienda per un anno del flusso del Tfr (il trattamento di fine rapporto), e un anticipo, da parte della Cassa depositi e prestiti, dei crediti arretrati che le imprese vantano nei confronti della Pubblica amministrazione. Con i flussi del Tfr, spiega, si potrebbe creare un fondo di garanzia per il credito alle piccole e medie imprese, «perché se non c’è credito si blocca il sistema delle imprese».
La proposta sul Tfr trova, inaspettatamente, una sponda nella Cgil. «Se Emma Marcegaglia si riferisce a quella parte di Tfr non utilizzata dai lavoratori per la previdenza complementare (che dal 2007 le aziende con oltre cinquanta dipendenti versano all’Inps) la riteniamo una richiesta legittima», dice il segretario confederale Morena Piccinini. Al contrario, aggiunge la sindacalista, trattenere in azienda l’intero flusso del Tfr sarebbe complicato, e rischioso per i lavoratori.

La Confcooperative giudica favorevolmente la proposta sul Tfr, bocciata invece dalla Fiom di Giorgio Cremaschi: le due anime della Cgil ancora una volta escono allo scoperto. E contro il governo che «chiude gli occhi di fronte alla crisi» polemizza il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, a costo di schierarsi con la Confindustria.

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