Frangette, giangi e banker

Un libro del collettivo «deboscio» fotografa il campionario di esemplari metropolitani: la filosofessa dell’Oberdan, il pierre rampante, quello di Brera e lo «strano» del Sempione

Frangette, giangi e banker

Un campionario di esemplari metropolitani, quello che ci offre Frangetta e altri profili poveri (Baldini Castoldi Dalai editore, pagg. 120, euro 16,50), un libro curato da Davide Colombo ma firmato da «il deboscio», un collettivo di autori nato a Milano nel 2001 e attivo anche su internet (www.ildeboscio.com).
In questo stradario costruito per figure metropolitane c'è la frangetta dell'Arco della pace «ventisei anni, laureata in filosofia alla Statale, indirizzo estetica dell'arte, lavora allo Spazio Oberdan svolgendo mansioni di basso segretariato, tuttavia mantiene un ambizioso contegno ed è convinta di “fare cultura”, di appartenere a un'élite all'interno del sistema dell'arte».
C'è lo spettinato antiborghese di via Borgonuovo che si di sé dice «ascolto del rap per far vedere che sono uno scafato, mi piace un sacco la rabbia di strada... dico con orgoglio che oltre ad amici fighetti ho anche amici zarri, come a dire che sono stimato da tutti per quello che sono», tuttavia «abito in Brera e studio giurisprudenza in Bocconi».
Per non parlare della giovincella randomizzata di largo Gemelli che studia alla Cattolica, ma «è convinta che l'Avvenire sia un quotidiano socialista e una volta ha detto che il padre le ha fatto la patristica»; del finto Giangi di via non-si-sa: «tutto quello che dice è un luogo comune, ma lo dice fingendo di esserci arrivato con grande travaglio»; del rappresentante di via Petrarca i cui discorsi sono «sempre riconducibili al malcelato messaggio: io sì che so guidare-io sì che so mangiare-io sì che so vivere» e così via.
Il titolo del libro - che sarà presentato oggi alle 18.30 alla Libreria Feltrinelli di piazza Piemonte da Alberto Coretti e dal curatore Davide Colombo - rimanda a una canzone che esplosa in radio e sul web (e presente anche nel cd allegato al volume) descriveva una ragazza-tipo di Milano in base alle sue innumerevoli parole d'ordine: «vado allo Spazio Oberdan; vivo all'Isola; faccio filosofia in Statale; faccio la dj; vado alle feste di Mtv; bevo solo birra e Cuba libre; vado al Plastic; vado al Gasoline; le mie amiche sono troppo delle pazze; non mi piace il cinema americano: è troppo commerciale... ».
Una sequela di banalità e luoghi comuni, di vita e di pensiero, che trova la sua eco nei “personaggi” del libro: «l'Isola è la Soho milanese. Io lo dico sempre. E tutti mi danno ragione. Adesso anche i miei amici lo dicono sempre» afferma il povero demente dell'Isola; le amiche della ex ragazza in carriera di via Torino «assolutamente normali, sono coinvolte in un processo di squalinquizzazione per cui le cose banalissime che fanno diventano incredibili»; il banker rampante di corso Venezia «l'aperitivo lo prende da Bulgari o al Diana. Saluta in media tra le dieci e le venticinque persone. Della maggior parte non si ricorda il nome, né loro il suo»; il p.r. affamato di via Slataper è felice perché «nel mio cellulare ho i numeri di tutti i dj che fanno rumore. A volte, quando torno a casa la notte, mi metto sul pouf ad acqua fosforescente della Kartell e quasi senza pensarci mi sfoglio la rubrica del cellulare»...
Come spiega il curatore nell'introduzione al volume: «sono individui che si sentono speciali, unici, insostituibili, complicati; che sono convinti di fare parte di una nicchia e che invece risultano banali e ordinari quanto un abbonamento in piscina». Vale a dire, «pupazzi che amano descriversi attraverso nomi, citazioni e marchi; che perpetuano il cattivo gusto e la goffaggine tipiche del principiante, di chi ha sempre visto tutto da lontano, di chi vive alla periferia delle cose e che fa del “sentito dire” la principale fonte di esperienza». Chi si salva, come il tipo strano di corso Sempione, lo fa per un pelo: «il suo problema è che non finisce le cose. Le sue tipe sono stereotipate sul genere alternativo. Lui un po' ci soffre perché se ne accorge dopo un po’. Non è poi così stereotipato come sembra. Le sue idee sono buone».


Ovviamente è difficile riconoscersi o meglio ammettere di riconoscersi in uno dei profili raccolti nel libro, ma assicura Colombo «se anche voi vi riconoscete in questi profili, non preoccupatevi: un profilo su mille ce la fa».

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