Franzoni in aula piange per Samuele

Condannata a 16 per l'uccisione del figlio, la Franzoni torna in aula dopo tre anni, a Torino, al processo Cogne bis. Ora è a processo per calunnia contro Guichardaz

Franzoni in aula piange per Samuele

Torino - Annamaria Franzoni, condannata per l'uccisione del figlio Samuele Lorenzi, è entrata poco dopo le 10 e 45 nell'aula del palazzo di giustizia di Torino dove si svolge il cosiddetto processo Cogne-bis. La donna, senza manette ai polsi ma vigorosamente tenuta sottobraccio da una agente della polizia penitenziaria e scortata da altri agenti, è apparsa stanca ma ha sorriso ai parenti che erano già in aula. Mentre veniva accompagnata al suo posto, a fianco dei suoi legali, Paola Savio e Loreno Imperato, il pm Giuseppe Ferrando l'ha salutata con una stretta di mano e lei le ha sorriso. Tra il pubblico, una quarantina di persone, ci sono anche alcuni studenti di giurisprudenza italiani e francesi.

Parla di Samuele e piange Calma, serena e a tratti sorridente: così è apparsa Annamaria all'inizio dell'interrogatorio al processo in cui è imputata di calunnia. Ma quando ha rievocato il giorno della morte del figlio Samuele, la donna non ha trattenuto le lacrime. In aula ha ripetuto, arricchendolo, con diversi particolari, il racconto che per sommi capi aveva già reso al processo terminato con la sua condanna per omicidio. Maglietta blu e jeans, capelli neri sciolti sulle spalle, un po' più lunghi dell'ultima volta che è apparsa in pubblico, quando in apertura di udienza il giudice Roberto Arata le ha chiesto se avesse due figli, lei ha risposto in modo affermativo. Poi, alzando gli occhi al cielo, ha detto: "Tre".

"Io non dicevo allora che era stata Daniela Ferrod" a uccidere il piccolo Samuele Lorenzi "così come oggi non dico che è stato Ulisse. Io volevo solo dare una indicazione a coloro che dovevano indagare. Chi era con me mi ha illuso che sarebbe stato così". La Franzoni ha affrontato in questo modo i contenuti dell'accusa di calunnia al vicino di casa Ulisse Guichardaz. Il 30 luglio 2004, pochi giorni dopo la condanna in primo grado, firmò la denuncia contro l'uomo, frutto di una serie di accertamenti di collaboratori del suo difensore di allora, Carlo Taormina. La donna però in aula ha sostenuto di non avere letto il documento e nemmeno di essersi completamente resa conto che si trattava di una denuncia vera e propria. "Io credevo che fossero solo indicazioni agli investigatori. Sono stati i miei nuovi avvocati nei giorni scorsi a leggermela. Quando mi hanno detto di cosa si trattava sono cascata dalle nuvole".

La Franzoni non ha risparmiato parole di critica verso il modo in cui furono fatte le indagini sulla morte del figlio e anche qualche frecciata all'avvocato Taormina. "Io non sono stata - ha sottolineato - e ancora oggi voglio fare di tutto perché siano fatte indagini come si deve, indagini che diano risposte". 

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