Le frasi del vicepremier raggelano Fassino e i Dl

Dal segretario ds un tiepido applauso d’ufficio a occhi bassi. Il silenzio della Margherita

da Roma

Al di là di ogni ragionevole proporzione? Quando Massimo D’Alema dai banchi del governo ha così condannato la reazione di Israele, Piero Fassino che ascoltava dal suo scranno ha abbassato gli occhi pensieroso. E con un applauso tiepido, d’ufficio, il segretario diessino ha salutato la fine dell’intervento del ministro degli Esteri e massimo esponente del suo partito. Di certo, Fassino non ha applaudito Oliviero Diliberto che definiva «eccellenti» le parole di D’Alema e salutava l’«aria nuova» nella nostra politica estera. Ma come può condividere una linea così smaccatamente filo-araba proprio il compagno Piero, che al mattino aveva ribadito per iscritto che lo Stato ebraico è «oggi davvero in pericolo di esistenza», e che in Medioriente «non sono in conflitto un torto (degli israeliani) e una ragione (dei palestinesi), ma due ragioni»? Ma Fassino non è solo: all’ombra della Quercia non tutti condividono la linea che D’Alema ha concordato con Romano Prodi. E il dissenso serpeggia anche nella Margherita, contagia il resto dell’Unione pur se allo scoperto in difesa del diritto di Israele sembra schierarsi solo la Rosa nel pugno.
Nel centrosinistra il fronte d’appoggio alla causa palestinese senza se e senza ma è maggioritario come sempre e riesce a influenzare con forza la linea di governo ma non conquista l’unanimità, e gli amici di Israele resistono. Ci son quelli che lo fanno con tono pacato e senza mettersi in rotta di collisione come Fassino, ma anche chi come Daniele Capezzone che rimprovera al titolare della Farnesina più di una «ambiguità non lieve» e scandisce: «Non si può far finta di non vedere che Israele è sotto minaccia di cancellazione da parte di Iran, Siria, Hamas, Hezbollah». Anche Giorgio Carta, segretario del Psdi che non manca mai a una fiaccolata in appoggio al popolo israeliano, ammonisce che Israele «vede in pericolo la sua esistenza e ha diritto all’autodifesa». E poi c’è Khaled Fouad Allam, deputato dell’Ulivo di origine algerina, che avverte: «Hezbollah ha attaccato Israele sapendo a quale reazione andava incontro: così sta conquistando la guida del movimento estremista islamico. L’Occidente non ha ancora capito».
Altri che osano parlare? Emanuele Fiano, eletto nell’Ulivo anche coi voti della comunità ebraica milanese, può legittimamente dirsi «perplesso» sulla questione della «sproporzione» evocata da D’Alema, «è l’unico punto che non condivido» dice. E il senatore Antonio Polito, ex direttore del Riformista, ribadisce che Israele «è sottoposto all’attacco di forze che non vogliono pace e compromessi territoriali, ma solo la sua distruzione». Tutti gli altri dissidenti, preferiscono il silenzio e il mugugno, che rimbombano in particolare nella Margherita.

La scelta di far parlare Sergio Mattarella a nome dell’intero Ulivo ha tolto ieri dall’imbarazzo tanto Fassino quanto D’Alema. Ma è sintomatico e rivelatore che nessun petalo della Margherita abbia speso una parola per commentare in qualche modo la relazione del ministro degli Esteri.

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