Il fratello del tassista ucciso: «Sono bestie»

Vittime e assassini si sono incrociati per la prima volta, nella stanza surriscaldata del giudice preliminare Stefania Donadeo, al settimo piano del palazzo di giustizia. Il fratello e la moglie di Luca Massari si sono visti arrivare in stanza, circondati dagli agenti penitenziari, i tre sciagurati che il 10 ottobre picchiarono a morte il tassista per punirlo di avere investito un cane. Fu un delitto che scosse Milano, e che - colme spesso fa con i suoi morti - Milano ha già metabolizzato. Ma i familiari di Massari quella domenica pomeriggio di ottobre non la scorderanno mai, come non scorderanno l’interminabile mese di agonia di Luca, attaccato ad una macchina al Fatebenefratelli, con il cervello devastato dai colpi. Se fosse sopravissuto sarebbe stato un vegetale. Morì la mattina dell’11 novembre.
Vittime e assassini ieri mattina quasi si sfiorano, perché nella stanza rovente lo spazio è quello che è. Ma gli assassini non alzano lo sguardo. Neanche mezza parola, un accenno di scuse, una richiesta di perdono come quella che uno di loro ha inviato dal carcere. D’altronde Marco Massari, fratello di Luca, il perdono non glielo darebbe. È lui stesso a spiegarlo ai cronisti, nel corridoio che porta all’aula: «Non esiste il perdono per delle persone che sono fuori dalla civiltà, che si sono comportate da bestie inumane». E ancora: «Li ho voluti guardare negli occhi. Da cittadino voglio giustizia, ma da fratello provo una rabbia incredibile nei loro confronti».
Sulle sedie, guardati a vista, i tre imputati. Stefania Citterio, rampolla della famiglia che da sempre fa il bello e il cattivo tempo nelle case del quartiere Antonini; suo fratello Pietro; il suo fidanzato, Morris Ciavarella. Le ricostruzioni dei ruoli, negli atti dell’inchiesta del pm Tiziana Siciliano, sono nette: è Stefania la prima ad aggredire il tassista, quando Massari scende dalla sua auto per cercare di aiutare il cane investito e per chiedere scusa ai suoi proprietari. Stefania non gli lascia neanche il tempo di parlare. E subito dopo a darle manforte arrivano anche gli uomini. Massari cade sotto le botte, cerca di proteggersi in qualche modo, ma viene preso a calci sulla faccia, sulla testa, nella pancia. L’autopsia troverà gli organi interni spappolati dalla furia dei colpi.
Adesso i tre imputati cercano di cavarsi dai guai ognuno a suo modo. Ciavarella è dei tre il più malmesso, le testimonianze dicono tutte che era il più furibondo ed inarrestabile nel picchiare Massari. Sa che in Corte d’assise può aspettarlo una condanna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dai futili motivi: e infatti ieri cerca di limitare i danni. chiedendo il rito abbreviato che gli garantisce uno sconto di pena. Verrà processato a porte chiuse l’8 luglio. Quel giorno pare che abbia deciso di prendere la parola per provare a spiegare le sue azioni.
I due Citterio invece non tentano scorciatoie, e cercano di evitare il rinvio a giudizio scaricando su Ciavarella tutte le colpe. L’udienza preliminare a loro carico proseguirà il 10 giugno.

Intanto il giudice Donadeo ha respinto la richiesta del Comune di costituirsi parte civile contro gli imputati: secondo il giudice, Palazzo Marino non ha subito un danno diretto dall’uccisione di Massari. Scontento il vicesindaco Riccardo De Corato: «Abbiamo cercato di far valere la buona ragione che l’Amministrazione è persona offesa, visto che il povero Luca Massari stava svolgendo un servizio pubblico».

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