D alla Germania, sabato, Michael Schumacher aveva lasciato intuire che Valentino pilota di F1 e pilota Ferrari non era più matrimonio così certo come si credeva. Dalla Spagna, il giorno dopo, prima di cadere a Montmelò cercando di conquistare lauto in premio al più veloce dei test (è andata al suo compagno Edwards), Valentino ha ribattuto: «Se lo dice lui...». Quindi ha spiegato: «Scherzi a parte, non è cambiato niente, non ho ancora deciso ma presto si saprà tutto... presto significa tre mesi». Più tardi, dai microfoni di Mediaset, ha aggiunto: «Mi fa piacere sapere che Schumacher ha detto che sono veloce in auto. Aver poi dimostrato a Valencia di poter lottare ad armi pari con gli altri piloti di F1 è stata già una grande soddisfazione. Il problema ha concluso è tutto il resto. Penso ad esempio che per me in F1 la pressione sarebbe altissima, dovrei cambiare tante cose della mia quotidianità e devo vedere se ne vale la pena».
Forse non è proprio questo il nocciolo del problema, ma è qualcosa di simile, nel senso che il raffreddamento di Valentino non ha a che vedere con le prestazioni, bensì con il suo modo di intendere la vita e lo sport. Perché se prima di Valencia tutti in Ferrari erano entusiasti dei risultati del ragazzo, del suo modo di apprendere, della sua dimestichezza con gli algoritmi informatici che governano la F1, dopo Valencia lo erano anche delle prestazioni confrontate con gli altri.
Ora, invece, i test ci saranno ancora, ma saranno test accompagnati dal (...)
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