Ma la fronda dem punta allo sgambetto

La minoranza spera che al referendum vinca il No e tiene in caldo Letta

Laura Cesaretti

Roma Dal Giappone, dove è arrivato ieri per partecipare al G7 incassando l'appoggio dei Grandi al suo «Migration Compact» e il colpo d'immagine dei rientro del marò Salvatore Girone, Matteo Renzi fa anche il punto sulle riforme.

E replicando alle grida d'allarme di chi, dal fronte del «No», denuncia concentrazione di poteri e pericoli di autoritarismo, ricorda che nonostante la riforma il premier italiano restera «un unicum», senza neppure il potere di nominare o licenziare i ministri: «Sento parlare di derive autoritarie... Forse dovrebbero leggersi la riforma: non tocca i poteri del governo e del presidente del Consiglio ma aumenta semmai quelli dell'opposizione e dei cittadini».

Mentre a Roma la fronda del Pd continua ad agitarsi incessantemente contro il premier-segretario, Renzi continua a distribuire carezze e parole di miele ai vari Bersani, Cuperlo e Speranza imbizzarriti: «La giornata si chiude con dei risultati positivi, e non per merito del governo ma perché il Paese sta tornando solido e credibile - sottolinea da Ise-Shima - Quando dico di valorizzare quello che di buono c'è, non è per fare polemica con la minoranza del mio partito, ma per dire che c'è un tempo per i reciproci scontri e un tempo per aiutare il Paese a crescere».

Aiutare o meno il paese a crescere non è però nel novero degli interessi della minoranza Pd, che ha una sola priorità: indebolire il premier attraverso una guerriglia continua, e fargli perdere il referendum sulla riforma del bicameralismo. Non per ragioni di merito, sulle quali sono ovviamente in difficoltà a schierarsi contro avendo sostenuta dalla notte dei tempi la necessità di superare il ping-pong tra Camera e Senato e di ridurre il numero dei parlamentari, ma perché la consultazione è l'ultimo appuntamento all'orizzonte per consentire alla Ditta di prendersi una rivincita su Renzi. Sperando, in caso di sue dimissioni, di poter giocare la carta Enrico Letta, a capo di un governo che impedisca lo scioglimento delle camere. Renzi si dice convinto che alla fine i bersanian-dalemiani non avranno la forza di schierarsi apertamente per il no con Salvini e Grillo, ma sa che proveranno fino all'ultimo a fargli le scarpe e a mettere paletti. Ieri è toccato al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini di chiudere la porta alle ultime bislacche richieste di Bersani, che vorrebbe azzerare la legge elettorale appena approvata «per evitare una drammatica spaccatura nel campo democratico».

Guerini è secco: «Un cambiamento dell'Italicum non è all'ordine del giorno. Il Parlamento ha appena approvato la legge, ci siamo arrivati dopo un lungo percorso, credo che non ci siano le condizioni per riaprire la discussione».

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