Roma

Frosinone vuole essere il terzo polo del calcio laziale

Igor Traboni

In una Ciociaria feudo incontrastato di tifosi laziali e romanisti, la possibilità di un derby in serie B tra il Frosinone e una delle squadre capitoline sarebbe piaciuta a pochi. Meglio sfidare qualche nobile retrocessa dalla A, purché serie B sia. Già, perché il Frosinone «rischia» sul serio di andare nell’anticamera del paradiso del calcio. In due stagioni i gialloblù sono diventati il terzo polo calcistico del Lazio: lo scorso anno con la conquista della C1 e quest’anno, da neopromossi, con lo sbarco ai play-off per la B. Si comincia oggi contro il Mantova, e domenica prossima si replica nella città virgiliana. In caso di vittoria, bisognerà sottoporsi al supplizio di altre due partite, contro la vincente dello scontro tra Pavia e Grosseto. Ma intanto Frosinone e la sua provincia sono letteralmente nel pallone. Lunedì scorso i 5mila tagliandi per la sfida di oggi (altri 850 sono riservati ai mantovani) sono andati in fumo in due ore scarse. E ora è iniziata la caccia al biglietto, soprattutto tra i tantissimi frusinati residenti a Roma. Dalla sede della società fanno sapere di aver dovuto rispondere picche a richieste da tutta Italia e perfino dall’estero, Usa e Canada soprattutto, mentre sicuramente ci sarà un ragazzo irlandese che, innamoratosi del Frosinone sul web, ha seguito la squadra perfino in alcune trasferte in nord Italia.
Troppo piccolo lo stadio che sorge nel centro cittadino, e anche un po’ malandato. Da queste parti tutti lo chiamano affettuosamente «il Matusa». Ma la dimensione non è un limite per i tifosi. Lo sanno bene i giocatori, sia quelli di casa che hanno sempre un sostegno eccezionale, soprattutto dai ragazzi della curva nord, sia quelli ospiti. A Mantova temono la bolgia infernale del tifo sugli spalti, ma altri problemi non dovrebbero emergere: ieri è sceso a Frosinone un dirigente lombardo per incontrare i mantovani che lavorano nelle fabbriche ciociare ma anche una rappresentanza di tifosi frusinati. L’altra faccia del calcio, insomma, quella un po’ più pulita. Sul cielo della città oggi sfileranno anche le frecce tricolori, e sarà un bel mix con il giallo e il blu, i colori del Frosinone, che hanno già ridipinto la città in ogni angolo, con coreografie eccezionali, a partire da enormi «B» sistemate ovunque.
Il miracolo-Frosinone è frutto di una società sana, dai conti a posto, con alcuni imprenditori locali messi attorno a un tavolo, tre anni fa, dall’ex governatore della Regione Storace per dare un futuro al calcio frusinate, che rischiò di scomparire all’inizio degli anni ’90 con la radiazione. È il miracolo dei giocatori, i «canarini»: pochi volti noti e tanti giovani allenati da Dino Pagliari, il «capellone» della Fiorentina di Antognoni. A proposito di allenatori, tra i tifosi eccellenti per la sfida di oggi c’è Daniele Arrigoni, mister del Cagliari che l’anno scorso portò il Frosinone in C1, ritardando il suo arrivo in Sardegna di 12 mesi. «Cellino mi aveva cercato - racconta il mister - ma avevo già dato la mia parola ai dirigenti ciociari, e ho scelto di allenare un altro anno in C2. Questa città e la sua gente mi sono rimaste dentro. Dopo Cagliari-Juve avrò orecchi solo per il risultato del Frosinone».

Storie come queste le senti raccontare solo in provincia. A proposito, «provincia» si scrive così almeno oggi comincia con la lettera B?

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