Cronache

Il frutto dell'amore che fa bene anche alla dieta

Quattro amici di Bronte hanno rilanciato il prodotto tipico di questa zona che ha ottenuto il marchio Dop

Il frutto dell'amore che fa bene anche alla dieta

Un pistacchio per amico. O anche due, o tre o anche una ventina. Basta che non siano né tostati, né salati per venir gustati al meglio e, soprattutto, per fare bene. «Sono un vero toccasana: diuretici, anti-colesterolo, anti-infettivi, anti-ansia e utili in caso di depressione lieve. Venti pistacchi al giorno, per esempio, sono la dose ideale per sentire dei benefici sulla pressione alta e poi, contrariamente a quanto si possa pensare, i pistacchi non fanno ingrassare. Anzi possono aiutare a far dimagrire, grazie alla grossa quantità di fibre e al grande senso di sazietà che offrono. Una porzione di 30 grammi di pistacchi fornisce più di 30 vitamine, minerali e altri elementi nutrienti». Così parlò, con voce cristallina, Alessandra Gatto, che in mezzo ai pistacchi è nata: li ha visti e li vede crescere qui, sulla sciara, il terreno lavico di Bronte, li raccoglie, li cucina e li distribuisce in tutto il mondo.

E «Sciara Pistacchio» è il nome dell'azienda che, nell'ottobre del 2011, è stata fondata da Denny con Alessandra, Gionatan e Daisy per proiettare nel mondo e far conoscere quello che, leggende alla mano, è ritenuto il frutto dell'amore. Si racconta, infatti che, nell'antica Persia, gli innamorati si incontrassero sotto gli alberi di pistacchio e insieme ascoltassero il crepitìo dei frutti che si schiudevano alla luce della luna. Ma quella realizzata da questo poker d'assi, tutti giovani sui trent'anni, non è una leggenda ma una solida azienda che, con la selezione, l'impegno e il rigore, si muove sul mercato per tutelare un marchio e un prodotto. «Dal 2009 possiamo finalmente contare - precisa Alessandra - sul marchio DOP pistacchio verde di Bronte e, anche se quello che si raccoglie in questa zona della Sicilia rappresenta soltanto l'uno per cento della produzione mondiale di pistacchio è importante che il consumatore si abitui a riconoscerne le peculiarità e le caratteristiche organolettiche che al pistacchio di Bronte derivano proprio dai terreni lavici, dal clima, dalle sciare dell'Etna. Un plus valore che viene accompagnato e rafforzato anche dalle antiche tecniche di lavorazione tramandate di padre in figlio». Ci presenta la carta d'identità del vostro pistacchio? «Va subito detto che il pistacchio a Bronte si raccoglie ogni due anni, negli anni dispari. In realtà la pianta farebbe il frutto ogni anno ma, nascendo sulla pietra lavica sarebbe scarso, perché la pianta si sforza molto per fare i frutti in questo terreno. Quindi noi lasciamo riposare un anno i nostri pistacchieti, li potiamo, cioè tagliamo le gemme non appena nascono in gennaio e poi provvediamo alla raccolta nell'anno dispari, di norma da fine agosto agli inizi di settembre. E' quindi un lavoro che ci impegna tutti gli anni e che risente molto delle condizioni meteo. Quest'anno per esempio il raccolto è stato disastroso perché i pistacchieti sono stati colpiti dalla grandine a giugno, proprio nel momento in cui i frutti stavano crescendo». Una volta raccolto, il pistacchio viene subito lavorato. «Complessivamente, tra raccolta e lavorazione in laboratorio, siamo una dozzina di persone - spiega Alessandra Gatto - un passaggio importante è la sgusciatura, viene rimosso il guscio legnoso che racchiude il seme poi si toglie il mallo, la pellicina morbida esterna, con la smallatrice , una macchina specifica che lavora con un getto d'aria. Dopodiché i pistacchi vengono stesi su reti ad asciugare al sole, nelle aie delle nostre case di campagna, per due o tre giorni, protetti da una sorta di serra in caso di pioggia. Perché se si mettessero subito nei sacchi si rischierebbe di farli addirittura marcire. Poi, asciutti, si portano al laboratorio. Consideri che ogni raccolto si può mantenere in celle frigorifere a temperatura controllata e che il frutto non subisce alcuna alterazione».

Allora Alessandra, visto che proviene da una famiglia di ristoratori ci regali il suo menù al pistacchio. «Comincerei senz'altro con una bruschetta con il pesto di pistacchio, poi come primo piatto, le pennette in salsa di pistacchio, come secondo un'altrettanto ottima salsiccia al pistacchio e la conclusione ideale: il gelato al pistacchio, che è il trionfo del gusto del nostro frutto. E chissà che questo menù non si possa ulteriormente arricchire presto da un fine-pasto altrettanto genuino. Abbiamo infatti in cantiere, tra le altre novità, anche il liquore di pistacchio che può benissimo, a mio avviso, rappresentare un'alternativa al passito o al limoncello. D'altra parte le idee non ci mancano. Anche per questo motivo abbiamo aderito al progetto di Artimondo, e alla sua vetrina online, perché anche noi crediamo nell'artigianato e nella qualità dei prodotti artigianali. E questi prodotti, assolutamente genuini, vogliamo diffondere e sostenere, pensi che ci arrivano richieste da tutto il mondo dal Canada al Giappone». Altre ghiottonerie? «Per esempio questo Natale abbiamo proposto il panettone cento per cento vegetale, senza canditi né ripieni, che non contiene latte né burro. Un panettone decisamente invitante dalla copertura di cioccolato fondente e granella di pistacchio. Da farcire a piacere, ovviamente con la crema di pistacchio «Oro», inclusa nella confezione.

E quindi, perché no?, faremo la stessa specialità a Pasqua con la colomba».

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