Ogni volta che tornava il Festival di Sanremo l'indignazione dell'ex questore Arrigo Molinari montava. Gli capitava ogni anno. «Sì, perché sulla morte di Luigi Tenco e su tutto quello che è accaduto nelle ore successive alla scoperta del suo cadavere, non è stata ancora scritta tutta la verità», sosteneva il battagliero Molinari. Fu lui, infatti, da vicedirigente del commissariato di polizia di Sanremo, a precipitarsi, verso le 3 del mattino del 27 gennaio 1967, in pieno Festival, nella stanza 219 dell'hotel Savoy, dove il cantautore, steso sul pavimento con una pistola accanto, era ormai morto. Fu lui a trovarsi coinvolto nella bagarre che seguì la tragica scoperta e a doverla gestire.
«Successe di tutto - ricordava Molinari ai giornalisti che periodicamente gli chiedevano di rievocare la storia -: la frettolosa rimozione del cadavere e quindi la mancanza di accurati rilievi, la successiva ricostruzione della scena con la ricomposizione del corpo nella stanza dopo che questo era già stato portato all'obitorio del cimitero, le forti pressioni e le richieste di insabbiare tutto». «E l'artefice di tutto ciò - rammentava ancora l' ex questore - fu un noto giornalista e alto funzionario della Rai. Finchè sono stato in polizia non ne ho mai parlato perchè la Rai, da noi, è un'istituzione e io ero un uomo delle istituzioni. Ma da quando ho lasciato la divisa ho sempre aspettato l'occasione per togliermi questo peso, che mi rodeva dentro».
«L'occasione - raccontò - sembrava essersi presentata qualche anno fa allorchè proprio la Rai mi ha chiamato.
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