É cominciata con due ragazzi sotto accusa per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Ma strada facendo lindagine della Procura della Repubblica su quanto accaduto un giorno dello scorso anno allinterno del carcere minorile Beccaria ha fatto una inversione a U. I due giovani detenuti sono stati prosciolti. E sotto accusa è finito lagente di polizia penitenziaria che li aveva denunciati. Da vittima a imputato. É stato lui, dice la Procura, a usare le maniere forti contro i minorenni affidati alla sua vigilanza. E non il contrario.
É una vicenda nata e proseguita lontano dai riflettori della cronaca, in quel microcosmo poco raccontato che è la grande prigione per minorenni nella periferia di Baggio: un carcere anomalo, con le stesse sofferenze dei carceri adulti, con qualche problema in meno di sovraffollamento, ma con dinamiche allo stesso momento più elementari e più complesse. Al Beccaria finiscono quasi solo i casi estremi: per la gravità del reato commesso, o per la figura sociale dellimputato, per la mancanza di alternative presso le famiglie. É una popolazione detenuta fatta soprattutto di stranieri e di italiani «marginali», di drop out per i quali loperazione di reinserimento sociale è spesso difficile.
É in questo universo che avviene lepisodio che vede contrapposti due giovani detenuti e un agente penitenziario, e che rimarrebbe sconosciuta alle cronache se ieri a rendere nota la vicenda non fosse stata Marina Vaciago, lavvocato che assiste uno dei detenuti. «É la prima volta in tanti anni - racconta lavvocato - che vedo ribaltata così la versione ufficiale, quella fornita dallistituzione carcere». Anche fonti dallinterno del Beccaria confermano lesistenza dellinchiesta, anche se ne danno una versione diversa da quella fornita dai due detenuti e fatta propria dalla Procura.
Lepisodio avviene in uno dei reparti del carcere, di mattino presto. Protagonisti un agente della polizia penitenziaria, D.C.; e due detenuti: un italiano, O.R., e un ragazzo di origine araba, R.M. Il giorno prima, O.R. ha avuto una discussione con una guardia, perché pretendeva di saltare la coda in attesa di telefonare alle famiglie, in quanto la sorella doveva poi uscire di casa per una seduta di chemioterapia. La guardia lo aveva ripreso, e di fronte alla rimostranze del ragazzo aveva fatto contro di lui rapporto disciplinare. Lindomani, O.R. si deve presentare alla commissione di disciplina. Ma su quanto accade a quel punto le versioni divergono: lagente sostiene di essere stato aggredito dai due reclusi, che gli avrebbero procurato anche delle lesioni, ed è questa la versione che finisce nella denuncia inoltrata in Procura. Ma, interrogati dal pm, i due ragazzi forniscono una versione opposta: secondo loro è lagente che dopo avere sbrandato O.R. in malomodo lo prende per il collo come per strozzarlo, e quando R.M. interviene per difenderlo li scaraventa entrambi giù dalle scale.
«Fu la guardia ad aggredire il detenuto»
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