La fuga più spettacolare dalla cortina di ferro

La straordinaria storia di Strelzyk e Wetzel che costruirono una mongolfiera per volare a Ovest

La fuga più spettacolare dalla cortina di ferro

Da Berlino Quello che serviva era il vento da nord. Il resto era già pronto: la mongolfiera, la cesta per i passeggeri, le bombole di gas per l'aria calda. Con loro c'era anche la paura di finire nelle mani della Stasi, da settimane sulle loro tracce. Quaranta anni fa, il 16 settembre 1979, il vento spirò finalmente da nord permettendo a due famiglie di tedeschi dell'est, gli Strelzyk e i Wetzel, di mettere a segno la più spettacolare e folle fuga dalla Ddr. Da Pößneck, nella Turingia meridionale, quella notte le due famiglie si affidarono alla mongolfiera, puntando a sud. Dopo 28 minuti di volo, gli Strelzyk e i Wetzel atterrarono a Naila, nel nord della Baviera, lasciandosi alle spalle il socialismo reale. Così entrarono nella storia della Germania contemporanea e in quella del cinema: la loro avventura sarà ripresa prima dalla Disney con Night Crossing (1982) e più di recente dal regista tedesco Michael Herbig con Ballon (2018).

L'idea di fuggire in volo attraversa la mente di Günter Wetzel quando un parente dell'ovest gli fa avere una rivista con un servizio sull'annuale kermesse di mongolfiere ad Albuquerque, nel New Mexico. Ispirato dalle foto a colori dei palloni in cielo, Wetzel, classe 1955, ne parla con l'amico Peter Strelzyk, di 13 anni più giovane. I due lavorano in una fabbrica di materiale plastico, sono bravi con le mani e oltre al mestiere condividono l'insofferenza per il regime poliziesco della Ddr. La frontiera è vicina e alzarsi in volo appare come la soluzione più semplice per evitare i poliziotti armati (i Vopos), le mine antiuomo e il filo spinato. Dotati di un senso pratico da far impallidire un pool di ingegneri al servizio di MacGyver, i due si mettono all'opera. Peter e Günter comprano quantità industriali di tela e quanto serve per allestire una cesta capace di reggere 750 chili, il peso degli otto membri delle due famiglie.

Günter assembla i tagli di tela con la macchina da cucire della moglie mentre Peter si occupa sia della struttura metallica sia del bruciatore a propano. Ad aprile 1978 sono pronti per il collaudo. I due amici tentano di gonfiare la mongolfiera in una radura: niente da fare. Poi la appendono lungo una falesia: neppure. Infine modificano una motocicletta alla quale tolgono la ruota posteriore creando, con delle pale, un ventilatore semi-industriale. Nessuno degli accorgimenti si rivela utile: l'aria calda esce dal pallone perché la stoffa è troppo porosa. Strelzyk e Wetzel devono ricominciare da capo: questa volta comprano una tela impermeabile, resistente all'umidità e al calore. L'acquisto non è semplice e per non dare nell'occhio sono obbligati a girare mezza Germania est. Il secondo collaudo va meglio, ma il problema adesso è la produzione di calore. Günther si scoraggia e abbandona il progetto. Peter invece non demorde e tenta la fuga: in una notte di luglio del 1979, i quattro Strelzyk provano a scappare in mongolfiera ma dopo un breve volo atterrano nei pressi del campo minato. La morte li sfiora, ma Peter e Doris non hanno tempo per le emozioni con i bambini devono uscire in fretta dalla zona militarizzata e tornare a casa. Ma la mongolfiera abbandonata nei pressi del confine metterà la Stasi sulle loro tracce. L'idea di finire in un carcere e vedere i figli assegnati a qualche famiglia socialista ortodossa spinge Peter a un altro tentativo. Con l'amico Günther di nuovo al suo fianco, l'operaio di Pößneck cuce una terza gigantesca mongolfiera.

La notte del 15 il meteo annuncia vento da nord. Gli otto amici si trovano in una radura fuori dal villaggio per gonfiare la mongolfiera. L'operazione non è facile: parte del pallone prende fuoco ma le due famiglie, previdenti, spengono il piccolo incendio con un estintore. Finiti i preparativi, alle 2 decollano. Per non farsi intercettare bisogna salire molto e la cesta, leggerissima, non protegge dal freddo. In quota ci sono 8 gradi sotto zero; il silenzio e il buio sono assoluti. I bambini piangono. Mezz'ora dopo, atterrano più a sud, nei pressi di un'autostrada. Raggiunte da un'auto della polizia, le due famiglie realizzano, fra le lacrime, che sono atterrati in Baviera. Ce l'hanno fatta.

Quaranta anni dopo la famiglia Strelzyk ha fatto visita al Museo del Muro al Check Point Charlie a Berlino: qua è custodita la mongolfiera multicolore che li ha resi celebri. Peter è morto nel 2017 e per lui con la stampa parla il figlio. L'allora 16enne Frank, che di notte aiutava i genitori a organizzare la fuga, ma che di giorno non ne parlava con nessuno dei suoi amici, è contento: «Oggi la mongolfiera non ci serve più». Caduto il Muro, lui e il fratello Andreas sono rimasti all'ovest mentre i genitori sono tornati in Turingia fino alla morte di Peter.

Molti Ossi, i residenti della vecchia Ddr, soffrono di ostalgia: c'è chi rimpiange lo Stato che si prendeva cura di tutti dalla culla alla tomba e che, se rigavi dritto, ti mandava anche in vacanza in qualche Paese del Patto di Varsavia. Non certo Frank. Oggi il figlio di Peter ha 56 anni e le idee chiare. «Molte persone oggi vedono cose positive nella Ddr, ma non credo proprio che avrebbero fatto conoscenza volentieri con la Stasi».

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