Reykjavik - Fumo da sigaretta, il vizio è scritto nei geni. Un articolo pubblicato su Nature in uscita domani mette in evidenza il legame fra alcuni geni, la dipendenza da nicotina e lo sviluppo di malattie legate al fumo. Si apre così la strada alla definizione del rischio individuale del consumo di sigarette e ad azioni di prevenzione e terapie personalizzate.
Il patrimonio genetico Fra gli autori dell’imponente lavoro figurano due giovani ricercatori dell’Università Cattolica di Roma, Roberto Pola, dell’Istituto di Medicina interna e geriatria, e Andrea Flex, dell’Istituto di Patologia speciale medica. Lo studio internazionale è stato coordinato da Kari Stefansson dell’Università di Reykjavik, un ricercatore islandese che, per iniziare, ha utilizzato un campione molto vasto di abitanti del suo Paese, l’Islanda. Gli islandesi sono ormai da anni studiati dai genetisti, e stavolta l’obiettivo era determinare la correlazione che c’è fra un determinato gruppo di geni e la dipendenza da fumo.
I geni e la dipendenza I geni in questione sono CHRNA3, CHRNA5 e CHRNB4 e si trovano su un pezzetto di cromosoma chiamato 15q24. Questi geni codificano per alcuni recettori nicotinici: si tratta di molecole presenti sulla superficie delle cellule del cervello, nei vasi sanguigni, nei bronchi, nelle vie urinarie, nel sistema digestivo e che reagiscono alla nicotina presente nelle sigarette. Circa 14mila fumatori islandesi sono stati suddivisi per numero di sigarette fumate al giorno, e i dati hanno mostrato una forte correlazione fra la presenza di una particolare forma di variazione dei geni analizzati e la forte dipendenza da nicotina dei fumatori più incalliti. Lo studio però - ed è qui il suo punto di forza - non si limita ad analizzare gli islandesi e la loro predisposizione alla dipendenza. "È stato anche analizzato - spiega Roberto Pola - sia il rischio di ammalarsi di tumore del polmone che quello di ammalarsi di arteriopatia periferica (o PAD), cioè l’occlusione delle arterie delle gambe. Due malattie fortemente associate al fumo".
Il tumore al polmone Per studiare la correlazione con il tumore al polmone sono stati studiati più di mille casi di pazienti provenienti anche da Olanda, Spagna e Islanda - confrontandoli con circa 32mila casi di controllo. Lo studio per la correlazione con la PAD invece è stata ottenuto studiando quasi 3000 pazienti. In entrambi i casi la correlazione è risultata molto convincente. "Quello dell’Università Cattolica di Roma è l’unico centro italiano coinvolto - sottolinea Pola - e il nostro contributo è stato quello di fornire i dati di più di 150 pazienti (e circa 250 casi di controllo) malati di PAD. Abbiamo analizzato i loro dati genetici e, come gli altri colleghi, abbiamo osservato che l’associazione con quella variazione genetica era molto forte".
Lo studio incrociato Questi dati, uniti a quelli provenienti da Islanda, Nuova Zelanda, Svezia e Austria, hanno consentito ai ricercatori di poter affermare per la prima volta con un alto livello di significatività che questa correlazione effettivamente esiste. "Non è un caso che la rivista Nature abbia accettato di pubblicare il nostro articolo", commenta ancora Pola. "La forza di questo lavoro sta nei numeri: la dimensione del campione è ingente e le origini geografiche sono molto diversificate". La correlazione fra la dipendenza da nicotina e questi geni era già emersa in passato, ma l’ulteriore correlazione con queste malattie è del tutto nuova. "Il bello ora sarebbe di aumentare la dimensione del campione degli italiani ed estendere anche sul nostro campione gli studi sul rischio di tumore e sulla dipendenza da nicotina", considera Pola. "La collaborazione tra il nostro gruppo e Kari Stefansson ha già prodotto importanti risultati in passato e continuerà a produrne". "Questo tipo di ricerche aiuta a definire il rischio di sviluppare una dipendenza per ciascun individuo portatore della variazione genetica e dunque a calibrare programmi preventivi e terapeutici individualizzati", conclude Andrea Flex.
Un mondo di fumatori In tutto il mondo ogni giorno si fumano più di 15 miliardi di sigarette. I fumatori sono stimati in 1.2 miliardi. Nei Paesi industrializzati fuma il 35% degli uomini e il 22% delle donne, mentre nei Paesi in via di sviluppo fuma il 50% degli uomini e il 9% delle donne. Nel 2002 i decessi nel mondo riconducibili al tabagismo sono stati pari a 4.9 milioni e si stima che nel 2030 a causa del fumo di sigaretta moriranno 8.3 milioni di persone (Canadian Respiratory Journal 2005). Secondo l’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità (Indagine DOXA-ISS 2007), in Italia i fumatori sono 11.8 milioni (23.5% della popolazione), di cui 6.8 milioni maschi (27.9%) e 5 milioni femmine (19.3%). In Europa sono 1.2 milioni i decessi per malattie legate al fumo di tabacco.
Il 20% di tutte le cause di morte sono attribuibili al fumo, tra cui il 35% ai tumori, il 56% a malattie cardiovascolari e respiratorie, il 9% ad altre cause. In Italia ogni anno sono 80.000 i decessi attribuibili al fumo di tabacco; il 34.4% di queste morti riguarda soggetti tra i 35 e i 69 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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