«Fuori dall’Aie per reclamare più libertà»

I manifesti del movimento TQ pubblicati ieri e firmati da una cinquantina di «lavoratori culturali» Trentenni e Quarantenni - in teoria persone con l’avventura nel sangue, se non altro per ragioni anagrafiche - hanno destato stupore per i contenuti passatisti. L’editoria sembra dirigersi verso lidi futuribili.
«I mercati - ci spiega Massimiliano Magrini, Ceo di Annapurna Ventures, fondo di venture capital chec, tra altre operazioni, ha finanziato la maggior piattaforma di distribuzione digitale in Italia di periodici e quotidiani, soprattutto su iPad e diversi canali digitali, nonché ex Ad di Google Italia - danno soluzioni in avanti e mai indietro, se non li asfissiamo di regole. L’evoluzione tecnologica e la digitalizzazione possono mettere in discussione l’egemonia dei grandi gruppi più che rimedi nostalgici o peggio ancora statalisti. Fossi un piccolo editore vorrei che gli sconti sui libri li decidesse il mercato anziché una legge, così come lascerei decidere ai lettori il numero dei libri da pubblicare in un anno. Certe logiche creano solo distorsioni. Dissento da tutto ciò che invece di creare mercati più grandi e competitivi ne crea di piccoli e rigidi: questi ultimi non aiutano ad avere ecosistemi culturali più ricchi. In futuro si metteranno in moto dinamiche darwiniane molto forti: un editore che non conosca le diverse piattaforme distributive per i suoi contenuti non avrà vita facile».
«Con le proposte TQ pare di essere tornati agli anni ’60 e ’70 - commenta Florindo Rubbettino, amministratore della Rubbettino - in un momento dove bisognerebbe guardare a strade alternative. Sono contrario alla legge sullo sconto dei libri, ma per una ragione opposta a quelle dei TQ: un legislatore non può imporre una politica dei prezzi. La serena decrescita editoriale è un’altra posizione di retroguardia. Per quale motivo nel nostro presente pluralista si dovrebbe tornare a quei decenni in cui gloriose case editrici, che però erano delle agenzie politiche a senso unico, hanno acculturato l’Italia? Io sto percorrendo anche la strada di una divulgazione utile ad avvicinare i lettori ai libri. Altri esperimenti in corso alla Rubbettino sono gli ebook arricchiti e la geolocalizzazione dei testi. Tutto questo porta nuove professionalità. Una sindacalizzazione selvaggia finirebbe con l’imbalsamare un mondo che ha bisogno di flessibilità».
Anche la visione del futuro della piccola Liberilibri è in contrasto con il «ritorno al passato» dei TQ: «Criticare in assoluto l’editoria a pagamento - ci dice Serena Sileoni, responsabile editoriale di Liberilibri - non è corretto: i margini di profitto sulla saggistica specializzata acquistata solo dalle biblioteche, per esempio, non ne permetterebbero nemmeno la pubblicazione. Se gli Atenei non pubblicassero pagando con fondi propri, alcune ottime ricerche non vedrebbero mai la luce. Inoltre, anche se Liberilibri non usa questa prassi commerciale, riconosco che nella storia dell’editoria ci sono stati grandi scrittori che all’inizio pagavano, per farsi pubblicare. Sulla legge per lo sconto dei libri ho già detto più volte: per colpire, almeno apparentemente, organizzazioni ai vertici del settore editoriale si colpisce in realtà il lettore e imporre un limite del 15% di sconto sui libri venduti via web o un limite alle campagne promozionali si traduce in occasioni in meno di vendita, non in più. Soprattutto per noi piccoli editori che cavalcheremo sempre di più il mercato on line. Al fondo, prima di intervenire, l’autorità statale dovrebbe chiedersi chi vuole proteggere. Il lettore, o i piccoli editori, le piccole librerie e gli scrittori di nicchia solo perché piccoli? Le posizioni di TQ sono di paura.

Come l’invito alla decrescita: sa di rassegnazione. Gli editori dovranno invece avere coraggio e specializzarsi, fare ricerca, ma questo dovrà accadere in un contesto di libertà, che è anche libertà di mercato, e non nell’attesa di assistenzialismo».

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