
«Papà no!». Ha urlato disperata, implorandolo di fermarsi. Ma lui, accecato e sordo dalla rabbia, è andato avanti nel suo intento omicida. Così il cinquantenne marocchino Khalid Achak. ha ucciso la moglie Amina di 43 anni con dodici coltellate. La figlioletta di 10 anni era stata la prima a chiamare i soccorsi.
È successo sabato in un appartamento di Settala alle porte di Milano. Ieri il pm Antonio Pansa, nelle indagini dei carabinieri, ha chiesto per l'assassino la convalida dell'arresto e la custodia cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato al gip Emanuele Mancini. Il pm ha evidenziato l'efferatezza del delitto e il rischio concreto di reiterazione del reato a carico dell'uomo che era già stato denunciato dalla moglie nel novembre 2022 per maltrattamenti consistiti in botte e minacce di morte.
Il grido della figlia era stato sentito da un vicino attorno alle 22 di sabato. La bambina, ora affidata a uno zio materno, circa un'ora dopo era riuscita a chiamare il 118. Ma, come emerge dagli atti dell'indagine, «la telefonata era stata interrotta dal padre» che, impossessato del telefono «aveva insultato pesantemente» l'operatrice e chiuso la comunicazione. «Sono esploso e nella rabbia non ho capito più niente, ricordo solo la prima coltellata e poi ho un buco». E poi: «Sono dispiaciuto queste cose non si fanno, la vita non si toglie». «Il nostro è stato un matrimonio combinato dai parenti». Queste le dichiarazioni che Achak ha rilasciato davanti al gip Mancini nell'interrogatorio di convalida. L'assassino ha risposto per circa un'ora alle domande del giudice e del pm Antonio Pansa, assistito dall'avvocato Giorgio Ballabio, che ha potuto parlare con lui qualche minuto prima dell'udienza.
L'omicidio sarebbe maturato in una lite scoppiata con la moglie perché «minacciava di autoinfliggersi delle ferite per denuciarmi». Ha ammesso di aver bevuto 4 sulle 6 birre acquistate due ore prima di cena, ma ha negato di essere un alcolista, come invece raccontano alcuni vicini di casa nelle testimonianze rese alla Procura.
La Procura ha descritto il marocchino come una persona «incline alla violenza», che faceva vivere la moglie in uno stato di sottomissione e che ha commesso un delitto «particolarmente efferato». L'accusa di omicidio è aggravata dalla presenza della bambina oltre che dallo stato di ubriachezza.
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