«Le fusioni? Non servono»

nostro inviato a Sondrio

Autonoma ma stretta alle consorelle per rilanciare Arca: malgrado il fermento in atto, Banca Popolare di Sondrio non ha alcuna intenzione di maritarsi. Davanti agli oltre 4.600 soci accorsi a Bormio per approvare il bilancio (0,23 euro la cedola) e l’aumento di capitale da 308 milioni che prenderà avvio a maggio, il presidente Piero Melazzini difende la terza via di Bps. A motivare l’indifferenza allo shopping non tanto i costi, spesso «imprevedibili», ma il fatto che il «gioco non vale la candela» poiché le «fusioni in media generano scarsi benefici per gli azionisti».
Il tutto, ha spiegato il banchiere che presiede l’istituto dal 1995 dopo esserne stato direttore generale per 26 anni, compare nel rapporto di tre economisti del servizio studi di Bankitalia. Secondo cui le economie di scala e le sinergie «spesso indicate come scopo dell’operazione, in realtà non sono rilevanti per l’acquirente».
Al contrario, tali fusioni sono spesso una mossa «per espandere il proprio impero sulla preda», ha proseguito Melazzini pur dicendosi orgoglioso del fatto che gruppi come Ubi o il Banco Popolare siano di «interesse nazionale». Da qui la scelta di Bps di seguire una «strategia semplice e lineare, che non porta la firma di costosi consulenti dai nomi altisonanti» ma che ha il «pregio della genuinità». Obiettivo di quest’anno, oltre all’espansione della controllata Suisse (a partire da Berna), è rafforzarsi in Lombardia, Trentino Alto Adige e Roma. Una politica dei piccoli passi che si accompagna alla difesa della forma mutualistica e del voto capitario. Stop anche alle mire dei fondi nell’azionariato: «Non siamo d’accordo, le nostre risorse vengono dai periodici aumenti di capitale», ha concluso Melazzini al termine dell’assise.

Una kermesse per Bps, oltre 40 i torpedoni che hanno raggiunto la località alpina, che quest’anno ha visto ospite il cardinale Ersilio Tonini, cui sono stati donati 75mila euro per un progetto a sostegno dei pigmei in Burundi.

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