«La natura primordiale ama occultarsi» afferma Eraclito, filosofo greco del V sec. a. C.: a svelarla provano i ventidue Arcani Maggiori dei «Tarocchi d'autore» in mostra fino al 22 gennaio all'Antico Castello sul Mare di Rapallo, nelle tavole ad olio a grandezza naturale (1 m per 1.75 m) realizzate da Carlo Piterà. L'allestimento (orario: festivi e prefestivi ore 10.30-12.30 e 15-19, feriali 15-19, lunedì chiuso; ingresso gratuito; ulteriori informazioni su www.piteracarlo.it) esibisce solo parte del ciclopico lavoro svolto dal pittore, che ha dipinto tutti i settantotto arcani del mazzo per una superficie totale di 140 mq: un'impresa pittorica che varrà al suo autore l'ingresso nel guinness dei primati, oltre all'esposizione in diverse sedi italiane ed europee.
L'esecuzione materiale ha richiesto poco meno di un anno, ma la gestazione dell'opera è stata molto più lunga: infatti, dopo un primo approccio al mondo dei tarocchi, Piterà ha passato letteralmente in rassegna oltre 400 mazzi di carte per ricostruire l'iconografia originale delle immagini dei tarocchi, iconografia risalente al 1300, secolo in cui l'uso della carta (e delle carte) si diffuse in Europa. «I tarocchi costituiscono una lettura cifrata del mondo» spiega Piterà; «Reinventarne la simbologia, come hanno fatto molti pittori, da Dalì a Guttuso, ne snatura il messaggio, a prescindere dal valore artistico». Così «l'Eremita», se rappresentato come un vecchio rintanato in una grotta, perde il suo significato di prudente cammino verso la conoscenza; significato che invece traspare dall'arcano originario, in cui un frate procede rischiarandosi la via con una lucerna e saggiando il terreno con un bastone. Un Diogene impegnato nella sua inesausta ricerca dell'uomo? Forse. Certamente, come illustra nel saggio dedicato alla mostra Paolo Aldo Rossi, ordinario di storia del pensiero scientifico all'Università di Genova, il criptico linguaggio dei tarocchi affonda le sue radici in tempi remoti e in svariate civiltà: la leggenda fa risalire ai sacerdoti egizi l'idea di trasmettere in maniera occulta la propria sapienza tramite l'intramontabile fascino di un gioco anziché affidarla alla caducità di iscrizioni su pietra.
Nel Rinascimento il pensiero neoplatonico si avvalse degli Arcani Maggiori per illustrare il passaggio dal Caos primordiale («il Matto») all'Ordine Cosmico («il Mondo»), tramite l'intervento del «Demiurgo», il creatore del mondo, raffigurato nel «Bagatto»: un percorso iniziatico che plasma corpo, anima e spirito fino ad acquisire la conoscenza di se stessi addentrandosi tra gli altri arcani. Così «l'Innamorato» è l'uomo al bivio tra due scelte, ritratto come un cavaliere conteso tra due donne, la Virtù e il Vizio; «L'Appeso», enigmatica figura sospesa nel vuoto a testa in giù, è il mistico che, innalzatosi dalle egoistiche passioni terrene, dimentica se stesso per protendersi verso l'umanità succube dell'ignoranza. L'evocatività degli Arcani trova una traduzione figurativa suggestiva nel simbolismo delle tavole di Piterà: «la Morte», pur simbolo di rinnovamento, piomba inaspettata dall'alto, planando su ali da pipistrello; una mano già mozzata protende tre dita: è la vana supplica di prorogare la fine di una manciata di giorni? Il fluire continuo dell'esistenza tra le due anfore della «Temperanza» grava del peso di un compito eterno la figura femminile, con i muscoli tesi nello sforzo e il volto contratto.
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