G8, le carte che imbarazzano il procuratore di Roma

Massimo Malpica

Lo diciamo subito, a scanso di equivoci: l’interrogatorio che pubblichiamo oggi del procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara (titolare dell’inchiesta su Montecarlo di cui ha chiesto l’archiviazione e capo dell’ufficio che per il caso Boccassini ha disposto la perquisizione personale della collega Anna Maria Greco) è stato depositato dai magistrati che hanno chiuso l’inchiesta sulla cosiddetta «cricca». Non è sottochiave al Csm. È a disposizione dei difensori degli imputati. È consultabile dalle parti. È pubblicabile, come pubblicabili sono stati fin qui ritenuti (dai magistrati) tutti gli atti, anche segreti, di quest’inchiesta. Incrociando le dita nella speranza di non essere disturbati all’alba e denudati, veniamo al dunque.
Ferrara viene interrogato alla luce dell’oscuro ruolo di pompiere esercitato dal suo vice e pupillo (l’aggiunto Achille Toro, indagato per favoreggiamento della Banda Balducci) in un’inchiesta perfettamente sovrapponibile a quella sulla Protezione civile, se non altro perché i nomi inizialmente segnalati sono poi emersi successivamente a Firenze, che poi li trasmetterà a Perugia per competenza. Ruolo ambiguo denunciato sia dai pm Sergio Colaiocco e Assunta Cocomello, che dai carabinieri del Noe esautorati inspiegabilmente dalle indagini partite da Nuoro eppoi affidate alla Guardia di Finanza di Roma. A leggere questi verbali lo stesso Ferrara non ne esce benissimo, poiché la Cocomello fa presente come fosse sempre informato e come concordò con Toro sulle «ipotesi di reato non ben delineate», sfociate poi nella bocciatura da parte di Toro di una richiesta d’intercettazione reputata (dal pm Cocomello e dai carabinieri del Noe) fondamentale per le indagini.
Stupefatto dal comportamento dei vertici della procura, il 16 febbraio, si è detto anche Pasquale Storace, capitano del Noe che aveva intercettato due persone vicine a Balducci che parlavano di buste e di appalti. Anche lui sollecitò le intercettazioni ma non vennero concesse «per contrasti con i vertici della procura romana, segnatamente il procuratore Ferrara e l’aggiunto Toro nonostante il magistrato titolare (Cocomello, ndr) concordasse con noi sulla bontà degli elementi raccolti». Toro, e anche Ferrara, formularono obiezioni di «opportunità politica». Il collega tenente Ceccaroni, il 16 febbraio, rincarò la dose: «Rimanemmo perplessi dalle motivazioni sul mancato accoglimento delle nostre ipotesi investigative» poiché si faceva presente «il nocumento che all’immagine del Paese sarebbe potuto derivare da un’indagine penale un avvenimento di tale portate, quale quello del G8 (...)».
Tre giorni dopo tocca a Ferrara dare spiegazioni ai colleghi perugini. «Sicuramente, in una circostanza, ha assistito all’incontro col dottor Toro quale coordinatore del gruppo dei magistrati addetti ai reati contro la pubblica amministrazione. Sicuramente si fece presente alla collega, anche se non ricordo da parte di chi, come in forza della sua relazione, gli elementi prospettati non consentivano di ipotizzare un reato idoneo a giustificare una richiesta di intercettazione telefonica. Sul punto il dottor Toro concordava con me». Quel che è sicuro, prosegue, «è che concordammo sull’opportunità di ulteriori acquisizioni documentali. Si fece presente che molto probabilmente, come succede in casi del genere, la documentazione in tema di appalti che avremmo potuto trovare sarebbe stata corretta sotto il profilo formale e, prospettando le opzioni investigative, convenimmo di ritardare di un mese gli atti di acquisizione per evitare di esporre l’immagine del Paese nel momento in cui si stava preparando il G8 della Maddalena».
Il procuratore confessa di non avere «un ricordo visivo» dell’informativa del Noe che richiedeva le intercettazioni, anche se «mi sembra che la pm Cocomello ne fece menzione». Sul perché il Noe venne esautorato a vantaggio della Gdf, Ferrara non ricorda bene chi propose di affidare le indagini alla Tributaria.

«Non ricordo una persona specifica anche se, alla fine, tutti convenimmo sull’opportunità di tale scelta, in quanto vi erano intrecci societari, rappresentati se non sbaglio anche sulla base di un’informativa del Noe, per dipanare i quali era necessaria la presenza di forza di polizia professionalmente attrezzata». Sarebbe curioso sapere se i colleghi di Perugia siano rimasti soddisfatti, oppure no, dalle «spiegazioni» offerte dal collega romano.

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