«G8, i veri colpevoli del sacco di Genova»

Scrivono i magistrati: «Appare volutamente contraddittorio il messaggio delle Tute Bianche, carico di violenza verbale»

«G8, i  veri colpevoli del sacco di Genova»

(...) visto che la responsabilità è personale. E non è accettabile criminalizzare tutta la Polizia e tutti gli agenti di polizia penitenziaria, tutti i dirigenti delle carceri e tutti i medici penitenziari. Non è sufficiente essere imputati nel processo per essere automaticamente colpevoli e ci sono situazioni che sembrano fatte apposta per chiedere l’assoluzione. Su queste pagine, ad esempio, l’avvocato Umberto Pruzzo ha spiegato benissimo di come un’agente che risulta aver denunciato alcune anomalie, non possa certo essere ritenuta responsabile delle stesse anomalie.
Bolzaneto, probabilmente, è molto più grave della Diaz. Per tutto questo, però, come per la Diaz, c’è un tribunale dello Stato che accerterà colpe e responsabilità, opere e omissioni. E stupisce che, spesso, siano i più strenui difensori della magistratura e del suo operato a chiedere una giustizia politica, parallela a quella della magistratura, su queste vicende.
Su questa storia, la nostra fiducia della magistratura è totale. E sapete perchè? Perchè la Procura di Genova è guidata da un galantuomo come Francesco Lalla, che ha dimostrato grandissimo equilibrio nell’affrontare processi delicati come quelli legati al G8 e non solo. Ma, soprattutto, perchè il primo processo concluso - quello sulle violenze di strada, per la devastazione e il saccheggio di Genova da parte dei black bloc - è stato un capolavoro di equilibrio. Sia da parte dei pm, sia da parte della Corte, che hanno saputo distinguere le responsabilità ed hanno scritto una bella pagina giudiziaria.
Vale la pena di nominarli, di urlarli forte, di segnalarli per un pubblico encomio i nomi di questi magistrati che hanno fatto il loro lavoro. E non perchè abbiano scritto una sentenza che dice quello che ci fa comodo, ma perchè in ogni fase del processo - dall’istruttoria alle motivazioni - hanno dimostrato che il diritto non è un’ipotesi. Scindendo responsabilità, condannando e assolvendo, parlando di colpe oggettive e di colpe soggettive. Censurando le prime solo verbalmente, come si fa negli Stati di diritto che non puniscono le idee, nemmeno le più sbagliate, e le seconde anche penalmente. Senza lasciarsi intimidire da un movimento di opinione pubblica che, a tratti, oggettivamente, un po’ ci ha provato.
E allora eccoli i qui i nomi di questi eroi civili, che non hanno fatto niente di straordinario, se non il loro dovere. Ma, per l’appunto, hanno fatto tutto il loro dovere. I due pubblici ministeri in questione si chiamano Andrea Canciani e Anna Canepa; il presidente del tribunale che ha condannato dieci imputati si chiama Marco Devoto; il giudice a latere estensore della motivazione si chiama Emilio Gatti. E proprio Gatti, senza saperlo, da questo momento diventa un po’ il mio coautore, visto che saccheggerò ampi brani della sua sentenza. Più chiari e illuminanti di qualsiasi commento.
A partire dal punto in cui raccontano che «la condotta dei manifestanti violenti» - in quel torrido luglio 2001 per le strade della nostra città, bella di una bellezza straniante, sfregiata e violentata scientificamente - «non può essere ritenuta reazione giustificata ad un atto di Polizia principalmente perchè questo non può ritenersi arbitrario e poi perchè non è ravvisabile alcun nesso causale fra l’azione della Polizia ed i danneggiamenti dei negozi e delle auto. In questa situazione, la decisione di lanciare i lacrimogeni non appare costituire un atto illegittimo, nè tanto meno arbitrario, rispondendo per contro alle concrete necessità del momento».
Un ragionamento che porta dritto dritto al cuore delle motivazioni stese da Gatti: «Quando gli incendi avevano minacciato la sicurezza dei palazzi e degli abitanti della zona, era stato necessario compiere la carica per ripristinare la sicurezza e l’ordine pubblico. Questo è stato turbato non dalle manovre della Polizia, ma dalle condotte dei manifestanti violenti». Più chiaro di così.
Ce n’è anche per le «tute bianche», i no-global per i quali non è stata riscontrata nessuna responsabilità penale, che però per i magistrati hanno la colpa quantomeno di aver lanciato messaggi poco chiari e contraddittori. Per capirci, si tratta degli stessi signori che sono trattati con i guanti bianchi (più delle tute) da una parte della sinistra, non solo quella antagonista e che, fino a ieri, sono stati decisivi per la sopravvivenza del governo Prodi. Finchè è sopravvissuto. Recita la motivazione della sentenza: «Leggere a distanza di tempo e con il dovuto distacco le dichiarazioni e i patti che le Tute Bianche proclamavano pubblicamente fa sorgere alcune perplessità per il tono, volutamente sopra le righe e per la violenza verbale in essi contenuta». E poi: «Sotto un altro aspetto appare, ancora volutamente, contraddittorio il messaggio di chi dichiara una “guerra“, intende abbattere un muro, dichiara di voler “assediare“ gli otto grandi e tentare di invadere la Zona Rossa e poi spiega che tutto questo ha un valore altamente, ma puramente, simbolico. (...

) La perplessità e lo sconcerto legittimi in chi legge, devono però lasciar spazio all’esame dei fatti».Chiarissimo: perplessità e sconcerto.
Poi parliamo pure di Bolzaneto. Ma, intanto, urliamo al mondo questa sentenza.

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