Gaber secondo Cremonini: "Non ideologico ma politico. Lui parlava all'individuo"

Cesare iniziò ad ascoltare (e a studiare) Giorgio a 23 anni, «dopo la sbornia dei Lunapop»

Gaber secondo Cremonini: "Non ideologico ma politico. Lui parlava all'individuo"

In fondo ha impiegato pochissimo, Cesare Cremonini, a entrare nello spirito di Giorgio Gaber. Teatro Strehler di Milano, ieri pomeriggio. Intervistato da Marinella Venegoni davanti a una platea di ogni età, ha dato la versione di Gaber secondo un (quasi) quarantenne che ne è stato influenzato e che oggi ne parla come di un maestro. «Per me è una figura sorvegliante, l'ho scoperto grazie a Pier Paolo Pasolini e ai suoi Scritti corsari. In fondo Pasolini potrebbe essere considerato un fratello maggiore del Signor G».

Jeans e maglietta, Cremonini è sceso fino in fondo nell'universo di un artista scomparso nel 2003 che quest'anno avrebbe compiuto 80 anni e continua a essere di straordinaria attualità. Nell'epoca del tramonto delle ideologie, «ogni sua canzone non è mai stata ideologica ma comunque politica. Lui ha scelto di parlare all'individuo, io alle masse, ma mi ha fatto capire che la gestualità teatrale può creare un contatto con il pubblico anche dentro uno stadio strapieno». Cremonini ha scoperto Gaber dopo l'abbuffata di successo con i Lunapop. «Ero appena uscito dalla sbornia dei Lunapop, dove avevo i capelli rossi, ero un imbecille incredibile (ride, ndr), non capivo più nulla. Poi ho toccato terra e mi sono ritrovato impreparato. Avevo 23 o 24 anni. E ho iniziato ad ascoltarlo».

Quando parla, Cremonini non è teatrale come se fosse sul palco del Forum. È intimo, quasi impegnato in una confessione. «Imparare da lui, da Pasolini, da Dylan e da altri mi ha aiutato a rimettermi in discussione». E poi aggiunge: «Ero in quella fase nella quale essere un cantante ti può dare grandi soddisfazioni. Feste. Rapporti con il gentil sesso. Obbligavo tutte le mie compagne ad ascoltare sempre Gaber, quasi allo sfinimento». E ride con il pudore di chi l'ha detta grossa. E non sarà l'unica volta. Ha parlato a ruota libera, talvolta frenetico, talvolta confidenziale, e si è aperto come raramente gli capita. Sarà che Gaber è indubbiamente uno dei suoi padri artistici. E la presenza di parte del suo pubblico, e quindi lo scoppio di applausi festosi e confortevoli, lo ha senza dubbio messo a suo agio. «Gaber e Freddie Mercury sono diversissimi tra loro, ma a unirli c'è stata la teatralità. Sono stati i miei due angeli custodi, uno su di una spalla e uno sull'altra».

Al di là delle battute e dei divertissement, l'ora abbondante di confessione in pubblico è stata una sorta di confronto tra l'unico artista italiano che si sia costruito passo dopo passo e il maestro che partendo dal rock'n'roll ha inventato una forma nuova e potenzialmente eterna di comunicazione artistica: il teatro canzone. «Gaber - ha detto Cremonini - era riuscito a crearsi un pubblico non mediato, non televisivo. Mi chiedono spesso perché vado poco in tv e ogni volta penso che lui era riuscito a liberarsi da questo fardello». Spesso Cremonini si sovrappone a Gaber, si confronta sugli stessi temi. Ad esempio l'informazione. «Quanto conta oggi la parola? A me manca molto il Novecento con tutti a informarsi davanti al Tg1, e lo dico con un sorriso ironico ma reale. Oggi l'informazione è distinta in particelle piccolissime ed è difficile credere in una sola verità. Oggi informarsi significa anche leggere un sacco di stronzate». Un concetto molto gaberiano.

E poi: «Consiglio sempre di leggere i quotidiani perché c'è approfondimento. Oggi pensiamo di informarci grazie ai siti o ai tweet e magari diamo credito a persone che non lo meritano». Anche questo avrebbe potuto essere sottoscritto dal Signor G. «Oggi si vince e si convince per insistenza. Sembra quasi fuori moda provare a dire cose intelligenti e si considera una élite chi in realtà vuole solo approfondire». Poi Cremonini si sposta sul suo argomento: la musica. «Oggi i ragazzi non hanno alibi, informarsi sulla musica è molto più facile di un tempo. In ogni caso c'è qualcosa che sta cambiando. Ad esempio, che ora le classifiche siano composte dai dati di chi acquista il disco e di chi lo ascolta in streaming è una follia». Insomma, con questa tendenza «è destinato a sparire chi non avrà più la forza di rivolgersi a chi ascolta la musica con il cellulare in mano. In cinque anni rischiamo di cancellare tutta la nostra cultura musicale». E non solo quella: «Ti pare che, perché c'è Netflix, io debba perdere il gusto di andare al cinema?».

Alla fine, parola dopo parola, idea dopo idea, alla platea dello Strehler Cremonini ha dato di Gaber la

versione 2.0, l'ha spiegato come può fare chi ha staccato il biglietto del teatro canzone e ci ha trascorso molto tempo per impararlo fino a diventare, oggi, uno che potrebbe portarlo in scena. E chissà che non succeda presto.

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