Gad che abbaia non morde

Chi ha avuto l’ardire, o la sventura, di avere a che fare con lui ieri, racconta di un Gad «non furioso, di più». Inviperito Lerner, dopo che La7 gli ha (poco) gentilmente rinviato, senza però dire a quando, la puntata dell’Infedele che ieri sera avrebbe voluto occuparsi dell’inchiesta sul riciclaggio che ha coinvolto Fastweb e Telecom Sparkle.
A ospiti già invitati e spot già trasmessi, l’azienda ci ha ripensato e ha fatto sapere che no, la trasmissione non s’ha da trasmettere. Causa, ha dichiarato il direttore della rete Lillo Tombolini, un combinato disposto di due fattori. La legge sulla par condicio che in vista delle Regionali vieta ai programmi d’informazione di occuparsi di politica, e che importa se qui di politico ce n’è soltanto uno, il senatore Di Girolamo la cui vicenda è però ormai solo giudiziaria. E la necessità di «rispettare il lavoro dell’Autorità giudiziaria», che è un po’ come dire che Bruno Vespa avrebbe dovuto aspettare qualcosa come sette anni prima di occuparsi del caso Cogne, altro che plastico della villetta. E insomma aveva ben donde, Gad, di inviperirsi, anche perché il sospetto che il rinvio sia stato deciso per non urtare l’editore, Telecom Italia Media, controllata di Telecom, è venuto a molti e nessuno lo ha fugato. Anzi. Chi ha vissuto da vicino la bagarre, parla di «grave errore di comunicazione»: l’Infedele infatti racimola un innocuo tre per cento, mentre il chiasso che è seguito all’annullamento della puntata raggiungerà ben altre vette di ascolto. Di più, Lerner si è visto bocciare i contenuti della puntata per due volte in pochi giorni, visto che la prima versione aveva già fissato la presenza in studio di Massimo D’Alema, Pier Ferdinando Casini e Arturo Parisi, bloccati poi dall’Agcom per il divieto di invitare politici.
Tertium non datur: ha spiegato Tombolini che «non c’era proprio il tempo per poter mettere in piedi una nuova puntata». Risultato: ieri al posto dell’Infedele è andato in onda il film U-Boot 96. Scelta ironica, per chi conosce la storia. Il sottomarino tedesco prima di affondare resiste, ah, se resiste: fuori i bombardamenti, dentro pure le piattole, ma l’equipaggio riesce persino a sparare qualche siluro fatale.
E così è andata. Il botta e risposta fra Lerner e l’azienda l’altra sera aveva fatto temere l’abbandono della rete da parte del giornalista. «La decisione di rimandare la puntata è avvenuta con il mio dissenso» aveva scritto sul suo blog domenica sera, appena ricevuta la notizia del rinvio. Immediata la rincorsa da parte dei vertici, con Tombolini a scongiurare l’addio: «Di lui ho stima profondissima, spero che ora non lasci». Ieri, altro giro altro battibecco. Giovanni Stella, l’amministratore delegato di Telecom Italia Media detto «er Canaro» come uno dei componenti della banda della Magliana per la fama di tagliatore di teste che lo precede, a Lerner ha scritto ribadendo che «ragioni di opportunità – anche al fine di non turbare in alcun modo le delicate indagini giudiziarie in corso e le eventuali misure cautelari al vaglio delle competenti Autorità giudiziarie in relazione alla vicenda della società Telecom Italia Sparkle Spa - mi consigliano di soprassedere, per ora, alla decisione presa da Te congiuntamente con il Direttore, da me approvata, di dedicare la puntata dell’Infedele del 1° marzo 2010 al tema del “riciclaggio per il tramite di società telefoniche”». Come dire: ne riparliamo dopo che la Procura di Roma avrà deciso se commissariare Telecom Sparkle, l’udienza è fissata per oggi.
E qui, il popolo dell’Infedele si sarebbe aspettato una reazione violenta da parte del conduttore, «sei l’ultimo baluardo di onestà nel palinsesto della tv italiana», scrivevano i suoi fan sul blog, con contorno di levata di scudi in suo favore di federazione nazionale della stampa e piccoli azionisti Telecom. E invece. Gad ha tenuto il punto, ma s’è limitato ad abbaiare, senza mordere. «Caro Gianni, mantengo il dissenso che ti ho già manifestato - ha risposto all’ad -. Ritengo che la trasmissione da noi concordata secondo le procedure aziendali, e già pubblicizzata, non avrebbe turbato né le indagini né le decisioni che competono alla magistratura. Avrebbe informato e approfondito, come da otto anni usa L’Infedele anche su vicende riguardanti Telecom Italia e come spero torni a fare dopo lo spiacevole salto di una puntata». Ergo me ne vado? Macché, del resto dove vuoi andare, se Mediaset è del gruppo sui cui spari ogni due per tre e la Rai all’ultimo giro di valzer da La7 ha chiamato Daria Bignardi.


Quindi, caro Gianni «ti ringrazio per la correttezza con cui riconosci la coerenza del mio operato al contratto e alla fiducia reciproca che ci legano», con tanti «cordiali saluti». Sull’U-Boot 96, alla fine del film, come nella realtà, muoiono tutti.

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