da Roma
Dal 13 ottobre scorso quattro ultras della Lazio sono in carcere con laccusa di tentata estorsione. La convinzione della procura di Roma è che abbiano stretto un accordo, con il gruppo dellex presidente Giorgione Chinaglia per esercitare una pressione crescente sul patron biancoceleste Claudio Lotito, al fine di costringerlo a lasciare la guida del club. In questintervista i capitifosi Fabrizio Toffolo e Paolo Arcivieri per la prima volta rompono gli indugi per dire la loro dal luogo di detenzione. Si professano innocenti, rivendicano la legittima - seppur «irriducibile» - contrapposizione alla dirigenza, parlano di un consenso politico «trasversale», scaricano definitivamente Long John da cui si sentono traditi e spiegano il perché dellinedita «alleanza» con gli odiati cugini ultras giallorossi.
Oltre cento giorni di galera. Qual è il vostro stato danimo?
«E quale vuole che sia? Se si segue la logica non cè motivo di star qui; se seguiamo limmaginazione vediamo la vendetta di 4-5 persone. Se poi andiamo a vedere il ruolo di queste persone, il risultato che ne esce è "politico". Con dignità, lealtà e forza della ragione andiamo avanti. Con la consapevolezza di essere estranei ai fatti che ci contestano, aspettiamo che la verità venga presto fuori. Le carte dellinchiesta sono dalla nostra parte: nessuna tentata estorsione».
Vi sentite dei capri espiatori?
«Dei capri espiatori? No, se si fa riferimento al solo filone Chinaglia. Sì, invece, se vediamo il ricorso allarresto come scusa per bloccare delle emorragie politico-partitiche in curva. Più che capri espiatori ci consideriamo degli "esiliati politici"...».
Pensate che Giorgio Chinaglia abbia in qualche modo tradito il popolo laziale e i tifosi della Nord?
«Di chi sta parlando? Di Giorgio C...anaglia? Sì lui ci ha tradito. E pensare che per trentanni, con quel suo gesto dello scarpino e del dito alzato sotto la curva Sud romanista, ha forse pensato, e fatto credere a tanta gente, di essere un uomo vero. Ma nel momento in cui la situazione era diversa da quei contesti sportivi, be... ha dimostrato di non esserlo affatto».
La contestazione nei confronti di Lotito è vecchia. Come nasce e quali colpe attribuite al presidente?
«Il momento di rottura è lo stadio che Lotito voleva costruire sui suoi terreni lontano dal centro di Roma, subito dopo il salvataggio (vedi Ufficio Entrate) della Lazio. E comunque lelenco delle colpe del "presidente-gestore" è lungo, e non è possibile sintetizzarlo in unintervista».
In occasione del famoso «derby sospeso» per invasione di campo e soprattutto per la stracittadina successiva al vostro arresto, è emersa unalleanza con gli «odiati» cugini romanisti. Che cè dietro?
«Sono anni che nella Capitale i derby scivolano via senza particolari tensioni. E non è neanche la prima volta che ci sono attestati di solidarietà fra le due tifoserie. Forse in questultimo derby il paradossale arresto è stato eclatante perché privo di sostanza. La gente è inorridita e leffetto finale è la totale indignazione».
C'è un fronte politico trasversale che dal sottosegretario Paolo Cento al radicale Sergio DElia, indipendentemente dalle vostre responsabilità penali, è intervenuto per contestare la lunga carcerazione. Siete sorpresi?
«Questinteresse trasversale è la dimostrazione dellingiustizia che stiamo subendo. Ed è la riprova e la risposta a tutti coloro che hanno disegnato e costruito una finta verità. Alla gente la valutazione finale».
Credete sia stato questo lo spirito che ha animato la clamorosa non-stop di solidarietà di 24 ore nelle radio private romane?
«Sì. Ci sono venuti i brividi per la dimostrazione daffetto nei nostri confronti. Noi amiamo la Lazio. Siamo ultras, contestiamo Lotito ma non siamo delinquenti.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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