Galliani lancia la guerra sui diritti tv

nostro inviato a Genova
Dal porto di Genova, sede del business forum patrocinato dal Milan, è partita ieri la nuova crociata. La sfida si giocherà a Bruxelles, già presentato dai legali di Sky il ricorso alla commissione europea. La posta in palio sono i diritti televisivi, sigillati dal decreto legislativo firmato Gentiloni-Melandri, i ministri del governo uscente Prodi, e trasformati da soggettivi in collettivi a partire dal 1 luglio 2010. «L’iniziativa di Sky è solo la prima, altre ne seguiranno» la notizia passata da Adriano Galliani dopo aver consultato al telefono l’avvocato Cantamessa. Tradotto: è partito il fuoco di sbarramento a quel provvedimento di fatto punitivo per i grandi club, chiamati dalla Champions a competere con i loro pari grado continentali già in vantaggio grazie a favorevoli regimi fiscali. «Secondo i legali di Sky il decreto lede il principio della libera concorrenza tra società di calcio oltre che tra televisioni» l’altra chiave di lettura offerta da Galliani, uno degli ispiratori della crociata. Condivisa da Berlusconi che ne diede anticipazione lunedì scorso ad Antenna3 («invertiremo la rotta rispetto al governo Prodi»). Sulla scia di Sky si muoveranno Milan e Roma, a braccetto, oltre che Juve, Napoli e Inter, a testimonianza della grande intesa tra i due club che stasera si giocano all’olimpico una bella fetta di inseguimento a scudetto e quarto posto. «Tra noi e la Roma ci sono affinità elettive. Con Rossella Sensi abbiamo stabilito un patto: non succederà mai che il Milan contatterà un giocatore della Roma sotto contratto senza avvertire il club» la precisazione di Adriano Galliani indiretta censura al comportamento dell’Inter (affare Chivu, ndr). È l’unico cedimento al fronte polemico milanese. Per resistere alla tentazione di polemizzare con Mancini, Galliani a un certo punto si è nascosto dietro un tovagliolo durante la colazione di lavoro. Verrà il giorno per regolare qualche conto.
Dal porto di Genova, nel giorno del sorteggio Uefa, scandito da veleni e sospetti, è partita anche la rincorsa del Milan alla prossima Champions, la cui partecipazione, «vale da un minimo di 15 milioni a un massimo di 65 se si arrivasse a vincerla». Segnalando alla critica il clamoroso ritardo patito rispetto al calcio inglese: è l’economia italiana ad arrancare, non il calcio. «Il fatturato dell’Arsenal, per effetto dello stadio nuovo, è di 134 milioni rispetto ai 28 incassati dal Milan. Pesano i salari diversi dei due paesi che hanno un numero identico di abitanti. E non è una questione di prezzi dei biglietti. A San Siro con 80mila paganti abbiamo portato a casa 2,5 milioni di incasso, a Londra con 60mila presenti, 5 milioni di euro. Conclusione: gli inglesi sono più ricchi degli italiani» la denuncia di Galliani confermata dagli stessi numeri di Sky (8,5 milioni gli abbonati inglesi contro i 4,5 italiani). Perciò il piano del Milan non cambierà di una virgola per il futuro: confermarsi «primo club al mondo».

«Punteremo anche allo scudetto e non mancheranno gli investimenti» la garanzia firmata dal vice Berlusconi, aggiunta a una decisione personale («mai più presidente della Lega, venivo insultato a sangue in ogni stadio»), a una riflessione («il nostro vivaio produce centravanti titolari di Genoa, Cagliari ed Empoli, Borriello, Matri e Pozzi, ma per vincere a Yokohama servono i top») e a una iniziativa estiva («faremo girare per le nostre spiagge un camion con rimorchio con tutte le 18 coppe rossonere»).

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