Il tema è da caso aziendale: come può sopravvivere unimpresa di largo consumo dalle dimensioni ridotte e dalle marginalità finite addirittura in negativo? Il problema se lo sono posti, lanno scorso, gli eredi della famiglia Gancia, marchio più che centenario ma fortemente appannato. I dieci soci hanno affidato a Paolo Fontana, un manager dal curriculum esterno ma vicino alla casa (ha sposato Elisabetta Gancia), le strategie per ridare smalto alla società. Tra il 2007 e il 2008 i ricavi erano scesi da 105 a 100 milioni, con perdite di circa 3 milioni allanno e un Ebitda negativo dell1,1%. Poi si sono aggiunte altre due batoste: la contrazione generale dei consumi e la chiusura del rapporto di distribuzione con la multinazionale Maxxium, che da sola ha provocato una perdita di 40 milioni di ricavi. E oggi come stanno andando i conti? chiediamo a Fontana.
«Prevediamo di chiudere il 2009 con un fatturato di 80 milioni: abbiamo sostituito Maxxium con la distribuzione di altri marchi, che ci portano 15 milioni; quindi lincremento derivante dal nostro prodotto sarà di 5 milioni. Ma linversione si nota ancora di più sulle marginalità: oggi lEbitda è già positivo, al 3,6% del giro daffari, e contiamo di portarlo all8-10% per il 2012. Il pareggio di bilancio è invece in calendario per lanno prossimo, nel 2010».
Che cosè stato fatto per invertire la tendenza?
«Abbiamo agito sulla squadra. A una gestione familiare si è sostituita una visione manageriale, con cinque dirigenti rispetto ai precedenti dieci. Quanto al prodotto, abbiamo puntato sugli spumanti secchi, metodo classico, ad alto valore aggiunto. Il nostro obiettivo è proprio aumentare qualità e valore aggiunto».
Il nome Gancia è legato soprattutto allo spumante dolce.
«Sì, costituisce tuttora il 70% della nostra produzione, che è di oltre 30 milioni di bottiglie. Ma il gusto ormai è orientato sui secchi, ed è qui che vogliamo rafforzarci. Una recente ricerca ha messo in luce che un terzo dello spumante dolce resta nella bottiglia».
In Italia siete i primi per vendite nella grande distribuzione.
«Non solo: siamo i primi e basta, con 27 milioni di bottiglie vendute e una quota di mercato del 12%».
Ma non temete che essere leader al supermercato possa impedire di far crescere limmagine dei prodotti di gamma alta?
«No, prima di affrontare la nuova strategia abbiamo fatto ricerche e test, e comunque non abbiamo paura di chiamarci Gancia. Vanno poi considerate due cose: che crescono i consumi in famiglia per effetto delle leggi antialcol, e che i nostri prodotti top vengono distribuiti solo in alberghi e ristoranti».
Esportate?
«Sì, ma non molto, circa il 15% della produzione. Siamo leader in Portogallo, Giappone, Corea, Nord Europa. E dire che alla fine degli anni 80 eravamo primi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna!»
Obiettivo?
«Portare le vendite allestero al 30% entro il 2012».
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