Garaci: troppe diagnosi tardive per l’Aids, superano il 60 per cento

Sin dagli inizi dell'epidemia l'Istituto Superiore di Sanità monitora l'andamento dell'infezione da Hiv nel nostro Paese. «I nuovi dati del bollettino del Centro Operativo Aids (COA) confermano che sulla diffusione di questa infezione non bisogna abbassare la guardia», afferma il professor Enrico Garaci, presidente dell' Iss. I dati italiani, infatti, in linea con il trend europeo, indicano che, nonostante i progressi compiuti, l'Italia mostra fra i Paesi dell'Europa occidentale un'incidenza di nuove diagnosi di Hiv medio-alta, con 2.588 nuove diagnosi pervenute nel 2009, per un totale di oltre 45 mila diagnosi di infezione di Hiv negli ultimi 15 anni. La lettura di questi dati nel tempo ci racconta inoltre come è cambiato negli anni il target dell'infezione: non più in maggioranza tossicodipendenti, ma persone che contraggono l'infezione o che sviluppano la malattia in seguito a rapporti sessuali, sia etero che omosessuali. «Un altro problema è quello del ritardo della diagnosi - continua Garaci - soprattutto negli eterosessuali e negli stranieri e ciò spiega come la percezione del rischio, in particolare fra gli eterosessuali, sia ancora bassa. Aumenta inoltre l'età mediana alla diagnosi, che arriva ormai intorno ai 40 anni. Nel 2010 sono stati notificati al COA 1.079 casi di Aids per un totale di poco meno di 63 mila casi di malattia dal 1985 al 2010, la maggior parte dei quali concentrati nella fascia di età 30-49 anni, ma con un aumento della quota di casi nella fascia d'età 40-49 anni, sia tra gli uomini che tra le donne. Un dato che ci spinge ad affrontare l'Aids a 360 gradi, come nella tradizione dell'Iss, sia sul piano della sensibilizzazione e dell'informazione, ancor più, attraverso la ricerca che da sempre portiamo avanti nel campo dei farmaci ed in quello dei vaccini, per conoscere e poter combattere più efficacemente la malattia senza perdere mai di vista l'obiettivo dell'eradicazione dell'infezione.

Nel 2010, quasi il 60% dei nuovi casi di Aids ha scoperto di essere sieropositivo molto tardi, in concomitanza con la diagnosi di Aids (pazienti cosiddetti «late presenters»); questa proporzione è aumentata progressivamente negli ultimi 15 anni». Come conseguenza di queste diagnosi tardive, ben due terzi delle persone diagnosticate con Aids dal 1996 ad oggi non ha usufruito dei benefici delle terapie antiretrovirali prima di tale diagnosi
gloriasj@unipr.it

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica