Roma«Ricordo cosa dicevano tutti nel 2001. Il digitale terrestre è una bufala, non ne uscirà nulla. È solo un escamotage per evitare a Rete 4 di finire sul satellite. E otto anni dopo? Siamo qui a commentare i dati di un grande successo». La soddisfazione del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, poggia tutta sui numeri. Quelli presentati ieri a Roma nel corso del convegno dedicato al primo bilancio sulla diffusione del nuovo sistema televisivo. Durante i novanta giorni di «switch off» (cioè di graduale passaggio dal sistema analogico a quello, appunto, del digitale terrestre) nelle cinque regioni interessate, Valle dAosta, Piemonte, Trentino e Alto Adige, Lazio, Campania, la penetrazione del nuovo sistema è stata considerevole, rispettivamente del 93%, del 73% del 50,3%, del 72%, del 75%, del 55%. «Insomma in queste aree, rispetto allo stesso periodo dellanno scorso, lincidenza del digitale è raddoppiata - commenta Andrea Ambrogetti, presidente di DGTVi -. Alla fine del processo, avremo coinvolto 6 milioni di famiglie, pari a circa 15 milioni e mezzo di individui». Ma il dato che maggiormente inorgoglisce è questo: lItalia è il Paese europeo che ha fin qui maggiormente digitalizzato la propria televisione; e la prima capitale europea a passare integralmente al nuovo sistema sarà Roma.
«La sensazione, dunque - commenta il presidente dellAutorità garante delle comunicazioni, Corrado Calabrò - è che la gente abbia finalmente capito cosè questa rivoluzione e che la rivoluzione è a un punto di non ritorno». Da parte sua, il viceministro allo Sviluppo economico e comunicazioni, Paolo Romani, commenta: «Oggi il digitale terrestre significa 34 canali nazionali gratuiti, rispetto ai 10 del vecchio sistema. I problemi in alcune aree di Val dAosta e Piemonte erano legati esclusivamente alla natura montuosa di quelle regioni. E comunque il ministero si è attivato e la loro soluzione è questione di giorni, se non di ore». Il commento di Confalonieri su tutto il lavoro fin qui svolto si riassume in una parola: pluralismo. «Si è trattato - spiega- di un magnifico esempio di lavoro in comune, che ha premiato la collaborazione pluralistica fra privati, pubblici, operatori economici e istituzioni». «Certo - commenta Calabrò -. Nellinformare i cittadini sul graduale cambiamento la Rai potrebbe fare qualcosa di più: in questo momento di svolta anche linformazione pubblica, avrebbe bisogno di una svolta».
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