da Milano
Un triangolo ad alto tasso di passionalità. È quello raccontato tra duelli e colpi di scena dalla fiction Il sangue e la rosa, da stasera in onda su Canale 5, tra lattrice Isabella Orsini e i suoi due amori: linfiammabile Rocco impersonato da Gabriel Garko e il nobile Giulio Mancini (Mirko Petrini). Spogliatosi dagli insoliti panni del prete in Io ti assolvo, Gabriel Garko questa volta non deve fare voto di castità.
Comè il suo personaggio?
«Sono un capopopolo figlio della classe operaia che non abbassa mai la testa davanti alle ingiustizie».
Come nella vita?
«Beh, per il mestiere che ho scelto sicuramente non mi piace passare inosservato, ma non sempre prendo posizione in maniera plateale. Certe volte mi piace stare a guardare. E imparare dalle persone che mi circondano. Lo ritengo un atto dintelligenza».
Nella professione da chi ha imparato di più?
«Da Franco Zeffirelli e dalla mia vicina di casa».
E cioè?
«Ursula Andress. Quando incontri persone che come loro hanno fatto la storia del cinema, lunica cosa che puoi fare è stare ad ascoltare».
Come andò con Zeffirelli sul set di Callas Forever?
«Abbiamo condiviso una sfida: quella di affidarmi la parte di don Jose, nellopera lirica della Carmen con cui la Callas, ormai sola e dimenticata, avrebbe dovuto rispolverare gli splendori di un tempo. Non è il mio lavoro fare il cantante lirico. Il fatto che cantassi in playback poi, come mi hanno confermato anche gli addetti ai lavori, è stato più difficile che cantare per davvero. Perché dovevo comunque tenere il fiato a lungo. Inoltre nella scena della mia audizione, dietro le telecamere cerano dei tenori veri, comparse che aspettavano di recitare la loro parte. Mi sono scusato in anticipo per lesibizione, ma alla fine ci è scappato anche lapplauso».
Non sarà stato facile neanche fare il malato di Aids nelle Fate ignoranti di Ferzan Ozpetek.
«No, infatti. Persi 15 chili. Ma quel ruolo, scelto distinto, fu molto importante perché è stato il primo al di fuori dei soliti canoni del belloccio».
A proposito dei ruoli da belloccio...
«A inizio di carriera mi proponevano solo quelli, anche se a me piace fare qualunque cosa. Sono io che devo adeguarmi alla parte e non il contrario. Solo che in Italia se la sceneggiatura prevede una persona grassa, faccio un esempio, difficilmente affidano la parte a uno smilzo che invece potrebbe entrare nella parte a perfezione. Allestero è diverso: Charlize Theron, bella comè, ha vinto lOscar per Monster nella parte di una serial killer abbrutita e squilibrata».
Una lunga gavetta la sua?
«Veramente non è ancora finita. Diciamo però dodici anni, in cui ci sono stati momenti in cui mi sembrava di andare terribilmente lento. Allinizio la cosa che mi sono sentito ripetere più spesso è stata: sei troppo bello per questo ruolo. Penso di essermi conquistato la stima sul campo».
Nella fiction fa strage di cuori.
«Deve essere come dico io da bosco e da riviera, cioè deve sapere adattarsi a ogni ambiente e situazione. Non mi piacciono le donne che si lamentano, le testarde e quelle troppo gelose».
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