Gas, Bruxelles mette sotto accusa Francia e Germania

Aperta un’inchiesta sui colossi Eon ed Edf per intese contro la concorrenza. Possibile una sanzione di 12 miliardi di euro

da Milano

L’antitrust europea mette sotto accusa i due colossi dell’energia mondiale. Un portavoce della commissione ha annunciato ieri che Bruxelles ha avviato una procedura di inchiesta contro la tedesca Eon (primo gruppo energetico internazionale con un fatturato di 64 miliardi di euro) e la francese Edf (secondo con un giro d’affari di 59 miliardi). I funzionari europei sospettano che i due gruppi si siano accordati per non disturbarsi a vicenda sui propri mercati domestici nel settore del gas: i tedeschi avrebbero evitato di sbarcare in terra francese e viceversa.
Secondo quanto trapelato, i primi indizi dell’intesa anticoncorrenziale sarebbero emersi nel corso dell’estate scorsa, quando l’antitrust effettuò un blitz nelle sedi di almeno una decina di gruppi energetici europei. «L’apertura della procedura», precisa la nota emessa ieri dall’esecutivo Ue, «non significa che la Commissione dispone di prove concludenti che attestino un’infrazione, ma vuol semplicemente dire che questo caso verrà trattato come prioritario». L’arma del delitto sarebbe costituita da Megal, il gasdotto posseduto congiuntamente dalle due società, i cui due rami partono dal confine austro-tedesco e dalla frontiera tra Repubblica ceca e Germania: attraverso la Baviera, l’enorme condotto porta gas russo fino in Francia. Nell’eventualità di una condanna la sanzione può raggiungere il 10% del fatturato delle aziende coinvolte, in questo caso la cifra «monstre» di 12 miliardi di euro.
La nuova offensiva di Bruxelles si inserisce in uno scontro senza esclusione di colpi sul futuro delle liberalizzazioni nel campo del gas. Per il mese di settembre la Commissione ha annunciato un provvedimento sulla separazione tra le reti di trasporto e le altre fasi (dall’estrazione alla commercializzazione) del ciclo del metano. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia francese, Jean Louis Borloo, aveva scritto a Bruxelles, su incarico del suo omologo tedesco e di altri Paesi (tra di essi Austria, Lussemburgo, Grecia e Slovacchia) per imporre un stop alle nuove norme. La mossa era stata interpretata come un tentativo dei firmatari per proteggere i propri campioni nazionali (tra cui, per l’appunto Edf ed Eon) da un’apertura del mercato.
Nonostante le resistenze, Bruxelles sembra intenzionata a procedere. Confortata da un’altra lettera, ricevuta qualche giorno prima di quella franco-tedesca, in cui otto Paesi (Danimarca, Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Olanda, Belgio, Spagna e Romania) chiedevano di andare avanti con il cosiddetto «unbundling» delle reti. Alla finestra, almeno per ora, rimane l’Italia: le voci liberiste di alcune forze presenti nel governo sembrano infatti paralizzate dal fatto che Eni possiede circa il 57% di Snam Rete gas e che si oppone a ogni cessione forzata. Eni, tra l’altro, è tra i gruppi del settore finiti sotto inchiesta per iniziativa comunitaria: Bruxelles la accusa di aver sottoinvestito nel sistema di trasmissione per rendere più difficile l’accesso ai concorrenti.

Altre recenti indagini dell’Antitrust europea sono state avviate contro la tedesca Rwe, mentre solo pochi giorni fa, precisamente il 26 luglio, era stato annunciato un altro procedimento contro la belga Electrabel e, di nuovo, contro Edf, sospettate di abuso di posizione dominante in Francia e in Belgio.

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