Gasolio caro come l’oro: nuovo salasso al volante

Gasolio caro come l’oro: nuovo salasso al volante

C’era una volta il diesel. Sembra proprio finita la favola del gasolio come alternativa più economica alla benzina. Adesso c’è una fiaba un po’ noir, dai risvolti gotici per le tasche già sgonfie di milioni di automobilisti italiani colpiti in varia misura dal decreto salva-Italia. L’ultima alzata di accise by Monti, 11,2 centesimi al litro per il diesel contro gli 8,2 per la verde, ha finito per scardinare un meccanismo ormai consolidato da tre anni: i prezzi delle due tipologie di carburanti sono infatti ormai sostanzialmente appaiati in diversi impianti sparsi sul territorio. Non solo. In alcuni casi si registra addirittura il sorpasso del gasolio ai danni della benzina. Nel Nord-Est, per esempio, negli impianti Shell i prezzi medi dei due prodotti sono identici, mentre in quelli Q8 il diesel supera di un millesimo la benzina.
Insomma, il salasso continua. Se un litro di gasolio oscilla oggi dagli 1,691 euro il litro di Ip all’1,701 di Tamoil, e quello della verde da 1,0710 euro il litro degli impianti Esso all’1,715 di quelli Tamoil, la causa è da individuare soprattutto nell’aumento della pressione fiscale, che grava per il 53% sul diesel e per il 59% sulla benzina. Il restringersi della forbice di prezzo tra i due generi di carburanti è proprio dovuto alle sei misure sulle accise che da marzo a dicembre hanno alzato la tassazione sul diesel di ben 21,8 centesimi rispetto ai 18,2 sulla verde. I motivi che hanno indotto i governi a inasprire con maggiore forza le accise sul gasolio vanno ricercati, secondo l’Unrae, nella volontà dell’Unione europea di penalizzare diesel e gas perché considerati più inquinanti.
Il che può essere vero per i vecchi veicoli sprovvisti di filtro anti-particolato, il dispositivo che «imprigiona» le famigerate polveri sottili di cui sono dotate alcune auto Euro 4 e tutte le auto di ultima generazione (Euro 5 e 6). Qui sta il punto. Quest’anno in Italia sono state vendute più vetture a gasolio, il cui peso sul totale delle immatricolazioni è stato pari al 55%. È insomma giunto a maturazione quel processo di migrazione, iniziato circa un decennio fa, dal veicolo a benzina verso quello diesel. Un cambio di abitudini favorito dal minor costo del carburante, dai più ridotti consumi e dalle prestazioni sostanzialmente allineate tra i due diversi tipi di alimentazione. Ma ora questo scenario potrebbe ribaltarsi, proprio a causa della raggiunta parità di prezzo tra gasolio e verde. L’impatto sull’ambiente sarebbe negativo: le auto a benzina emettono infatti più anidride carbonica.
L’effetto più probabile è però un altro. Ovvero, un’ulteriore contrazione delle immatricolazioni in un settore già alle prese con vendite così fiacche da non far quadrare i conti. La crisi economica, unita alla cascata di tasse in arrivo, sta del resto rendendo gli italiani sempre meno auto-dipendenti: un patentato su cinque, stima un’indagine Aci-Censis, ha già ridotto l’uso della propria quattroruote. E tra gli over 45 cresce l’abitudine di andare a piedi o in bici. L’auto vista come un lusso? Quasi. Di sicuro, mettersi al volante costa sempre di più: 3.278 euro in media nel 2011, contro i 3.191 euro del 2010, con un incremento del 2,7%. «I costi per gli automobilisti - spiega il presidente dell’Aci, Enrico Gelpi - sono ormai al limite della sopportabilità: 165 miliardi di euro, di cui 58 miliardi come prelievo fiscale».
Così si prova a risparmiare qualcosa. Anche perchè l’appuntamento con il pieno di carburante sta diventando più doloroso di quello con il dentista. Adusbef e Federconsumatori hanno calcolato che rispetto a dicembre 2010 (quando il costo del gasolio si attestava a 1,32 euro il litro) il maggior esborso da parte degli automobilisti per i propri pieni di gasolio è di ben 456 euro (in termini annui). E poi bisogna anche considerare l’effetto di trascinamento che i rincari dei carburanti hanno sui prezzi di alcuni generi di consumo, per lo più trasportati da camion alimentati a gasolio. Con il diesel a quota 1,7 euro il litro, l’aggravio per le famiglie sui prodotti alimentari sarà quindi pari a 141 euro.

Il rischio è un’ulteriore flessione dei consumi in un comparto che quest’anno ha già dovuto sopportare una contrazione del 4%. Un circolo vizioso che certo stride con i propositi di coniugare austerità e crescita economica.

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