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Gatlin è sempre il più veloce A Helsinki vola oltre Lewis

Vince i 100 in 9”88, meglio del mitico «figlio del vento» che qui ottenne il titolo nel 1983 con 10”07

nostro inviato a Helsinki
Aveva detto: sarò un leone. È stato un ghepardo sbucato da una foresta di gambe e uomini, meraviglioso felino capace di incenerirti con la sua corsa piena di potenza e una progressione che apriva i varchi nell’aria con straordinaria naturalezza. Meno di dieci secondi ed eccolo di nuovo, Justin Gatlin è sbucato sul filo lasciando assaporare, a tutto il mondo che lo guardava, la grandezza del suo essere re. Campione olimpico e ora campione del mondo: non c’è pista dal sud al nord dell’Europa che lo fermi, non c’è tempo (ieri c’era un bel freschetto) che lo freni. Bello, bellissimo, tanto da indurlo alla tentazione del sentirsi in ogni modo l’uomo più veloce del mondo, a dispetto di un record che non gli appartiene. «Ho ancora molto da dare», ha raccontato. «Credo di poter migliorare il record del mondo. E voglio essere l’uomo più veloce del mondo anche in futuro». La magia dello stadio olimpico di Helsinki aveva incoronato Carl Lewis, e ieri ha scoperto Gatlin. Figli di un’America che sa affinare i suoi talenti. Il ragazzo di Brooklin, che da bambino si divertiva a correre e saltare gli idranti, ha battuto il mondo e anche il fantasma di King Carl che se la spassava fra ricordi e memorie lunghe. Qui Lewis cominciò la sua corsa verso la nicchia degli immortali. Qui Gatlin è tornato a correre sotto i 10 netti: 9”99 in semifinale, poi quello splendido rush, un capolavoro che ha fermato il crono della finale al 9”88 che significa un vantaggio di circa due metri sulla corsa di Lewis, che allora (1983) chiuse in 10”07.
I cento metri ancora una volta non hanno tradito il marchio che li accompagna: corsa regina per re veri. Non c’è nulla di più eccitante ed elettrico di quei dieci secondi che sembrano una corsa eterna. In tribuna c’era Asafa Powell, il recordman del mondo, ma serve essere campioni anche sulla pista, nei momenti che contano. E finora Powell li ha sempre mancati. Gatlin no, c’è sempre stato, stavolta perfino rischiando di non esserci. Forse sì, oggi è un campione per caso ma non certo un usurpatore. Per lui, gli americani sono riusciti a rinnegare la legge del Trials, così come gli australiani fecero l’anno passato per portarsi Thorpe all’Olimpiade. Lo squalo australiano fu vittima di una partenza sbagliata. Gatlin è finito nella stessa trappola nei quarti delle selezioni Usa. Raccontò: «È stato probabilmente il più grosso shock mai avuto nella mia vita». Ma Justin è un tipo nato con la camicia, così bravo da intenerire perfino i giudici che trovarono una scorciatoia per riammetterlo. Miracoli dello sport: ci sono imbrogli e imbrogli. Qualcuno a fin di bene. E così è stato per un campione che, a 23 anni, si trova a essere campione olimpico e mondiale, ma non per caso.«E ora», ha raccontato, «voglio essere il campione di tutti. Se in giro per il mondo esiste una medaglia d’oro, io la voglio vincere».
Stavolta Gatlin si è sfilato di dosso un bel gruppetto di corridori affamati. Nell’ordine: Michael Frater, l’ultima scoperta giamaicana. Kim Collins, il resuscitato campione del mondo di Parigi 2003 finito per due anni fra le ombre e risorto nel momento che conta con un tempo (10”05) inferiore a quello con cui vinse il titolo (10”07). Poi Obikwelu, il nigeriano portoghese che aveva speso troppo in semifinale, il giamaicano Thomas, Leonard Scott l’americano che Greene aveva pronosticato vincente, Marc Burns, freccia di Trinidad e Aziz Zakari, il ghanese eternamente perdente.
Il campione di Atene è partito con la testa bassa, secondo l’ultima impostazione dello sprint, ma quando, ai 50 metri, l’ha rialzata, la sua corsa è stata oro puro. È filato via, prepotente sulla pista, senza guardare nessuno, sicuro di sè e del suo motore. «Questa sera sarebbe stata ancora più dolce se avessi avuto vicino Mo Greene, Crawford (ultimo in semifinale, ndr) e Powell. Sono grandi avversari e io cerco sempre grandi avversari». Avrà tempo per ritrovarli. Ora si è posto un altro orizzonte: vincere 200 e staffetta.

Motore perfetto e talento: con questi compagni di viaggio può farcela.

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