Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
Signor Luciano Gaucci, ha saputo dell’inchiesta di Perugia?
«Perugia? No... quale inchiesta?».
I magistrati umbri hanno aperto un fascicolo dopo le sue dichiarazioni sul patrimonio immobiliare, e non solo, che a suo dire la famiglia Tulliani le avrebbe portato via.
«Ah... bene bene. Era ora. Finalmente».
Se l’aspettava?
«Guardi io non mi aspetto niente. Se stanno facendo questa inchiesta quella verità verrà finalmente fuori».
A quale verità si riferisce?
«Le case e tutto il resto. Siccome loro hanno detto tantissime falsità come quelle che loro hanno dato i soldi a me! Loro! Che si faccia luce. Si figuri. Se io ero miliardario e avevo bisogno dei quattrini loro?».
L’inchiesta aperta ora a Perugia si dovrebbe ricollegare a quella per bancarotta di quando lei era presidente del Perugia Calcio...
«Io ho già dato, adesso tocca agli altri. Ho già affrontato il problema del Perugia e ne sono uscito col patteggiamento, non c’è stato nemmeno il processo. Di questa nuova inchiesta non so niente, se e quando dovesse essere ufficiale e se e quando mi dovessero convocare...».
Lei cosa farà?
«Cosa farò? Risponderò. Io sono a disposizione completa dei magistrati, non ho nulla da nascondere, io. Al magistrato dirò tutto quello che so su quel patrimonio e porterò le prove documentali e testimoniali che tutto quel popo’ di roba è roba mia altro che della signorina Tulliani e dei suoi familiari».
E se dunque, come lei dice, è roba sua...
«Non “se”, è tutta roba mia. Io ne sono convintissimo tant’è che avevo intrapreso un’azione civile per rientrare in possesso di tutto. E comunque “se” o non “se” lo stabilirà il giudice».
I magistrati da dove dovrebbero iniziare a lavorare per appurare, definitivamente, la titolarità dei beni?
«Debbono controllare in banca, non è difficile. Siccome questi signori hanno preso miliardi da me, circa tre miliardi e cento in contanti più tante altre cose come terreni, case, appartamenti e compagnia bella, i giudici dovrebbero semplicemente fare quello che hanno fatto con me».
E cioè?
«Vadano a controllare dal primo all’ultimo centesimo i conti correnti a loro (dei Tulliani, ndr) disposizione. Ma dall’inizio, ovvero da quando Elisabetta si fidanzò con me. Come i giudici perugini hanno confiscato i beni di mia proprietà non vedo come non debbano confiscare anche i beni che oggi sono nella disponibilità della famiglia Tulliani e che sono acquistati con i soldi miei. Le risorse economiche contestate nel procedimento precedente per bancarotta e le risorse economiche di cui si parla oggi provengono entrambe dal Gruppo Gaucci».
Difficile separare, dice lei.
«Ma certo. Io avevo mille attività, io non è che ne avevo una soltanto. Loro, i magistrati intendo, hanno deciso che tutto faceva capo al gruppo? Bene, anche quei soldi e quelle case che ho indicato nell’atto di citazione contro i Tulliani facevano capo al gruppo. Se i magistrati riterranno opportuno recuperare tutto quel ben di Dio, lo faranno. Altrimenti non lo faranno. Mica sono un giudice, io. Mica devo decidere io. Secondo me la strada è la stessa dei beni precedentemente sequestrati. Poi, ripeto, non sono io che devo decidere in tribunale».
La procura di Perugia affronterà anche l’annoso capitolo della schedina del Superenalotto e dei due miliardi che lei, al contrario di quel che dice la signorina Tulliani, dice di avere vinto.
«Ancora con questa storia? La schedina l’ho vinta io, l’ho versata sul mio conto corrente, lo dimostreremo. Sono tutte fandonie che dicono per pararsi da questo colpo che stanno prendendo. Loro hanno attaccato dicendo che hanno dato i soldi a me, ma figuratevi loro che mi danno i soldi! (ride). Il padre era un impiegato, adesso è diventato miliardario. Facendo che cosa? Prendendo i soldi da me».
Ha seguito la vicenda di Montecarlo, della casa ceduta dalla contessa ad An, passata per due società off-shore e ora nella disponibilità del fratello di Elisabetta?
«Di Montecarlo non so nulla, se non quello che leggo sui giornali. Non mi interessa niente. A me interessa solo che si faccia luce su tutte le bugie e falsità che loro hanno detto nei miei confronti, a cominciare dai soldi che hanno dato a me».
Insiste su questi soldi che i Tulliani le avrebbero dato.
«Ma sì, ma vi pare normale dire certe cose. Io ero miliardario, avevo tremilacinquecento dipendenti. Loro che mi danno i soldi, e dai!».
Scusi Gaucci. Ma tra le sue case che, a suo dire, i Tulliani le avrebbero “scippato” e che dunque potenzialmente potrebbero finire sottosequestro qualora i giudici dovessero riscontrare la riconducibilità economica degli stessi a lei, c’è anche quella dove abita il presidente della Camera, Gianfranco Fini?
«(silenzio). Non sono io a decidere. Ma certamente quella casa, al pari di tutte le altre, è stata acquistata con i miei soldi. Poi se le sequestrano o meno, i magistrati, questo non spetta a me dirlo. Ma io la rivoglio come rivoglio il resto del patrimonio immobiliare».
Un’ultima cosa. Oggi (ieri, ndr) il quotidiano Libero ha scritto che l’appartamento in cui vivono la sua ex fidanzata e il presidente della Camera era di proprietà della Katape slr, che era l’immobiliare del Perugia Calcio, e che prima del fallimento l’immobile finisce ai Tulliani. Nel contratto d’acquisto da parte dei suoceri di Fini, depositato alla banca dati del catasto, non è però indicata alcuna cifra per la transazione. E come se non bastasse nel bilancio della Katape non ci sarebbe traccia della vendita. Come se lo spiega?
«Sentite, io non lo so che impiccio hanno fatto con questa casa piuttosto che con un’altra. No so cosa rispondere, ma questi (i Tulliani, ndr) di cose ne hanno fatte tante alle mie spalle che purtroppo non si contano. All’epoca ero straoccupato con tutte le attività, e i dipendenti a migliaia, cinque squadre di calcio, che ora, a distanza di anni, non ricordo bene le singole compravendite, ma se le cose stanno così, beh, effettivamente la magistratura avrà da lavorare. Quel che è certo è che gli appartamenti loro li hanno comprati con i soldi che gli ho dato io, in contanti. Torniamo sempre a bomba, a quei tre miliardi e due di lire ai genitori, più tutti i regali che ho fatto a lei, macchine, gioielli, terreni che ho comprato io fuori Roma sempre ai genitori. Gli appartamenti devono ridarli indietro per forza, loro hanno voluto aprire la corrida contro di me dicendo che Elisabetta aveva dato i soldi a me per il Superenalotto.
Anche la casa dove abita Fini...
«Se abita lì, sì. Ma io manco lo so dove abita Fini...».
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