Gay pride: l’intolleranza dei maestri di tolleranza

Gay pride: l’intolleranza  dei maestri di tolleranza

(...) Di circo, mi piace molto di più l’originale. Di Carnevali, bellissimi, quelli che il Comune ha organizzato nelle scorse settimane. E non credo che la sfilata qualifichi la città.
In particolare, mi sembrano ridicole le critiche dei gay che bollano come intolleranti quelli che portano avanti questa mia posizione. Si può essere in disaccordo anche rispettandosi e rispettando la sessualità di ciascuno.
E qui veniamo a Povia. Perchè è bastato che Povia rendesse noto il titolo della sua canzone, Luca era gay, perchè si scatenasse l’inferno omosex. Il titolo, ripeto, non il testo. L’Arcigay scandalizzato, Grillini indignato, Vladimir Luxuria a reti unificate. Tutti a dire che era una vergogna. E che è impossibile che un gay diventi etero (però il contrario sì, come mai?). E giù attacchi, insulti, accuse di omofobia e razzismo.
Poi, la canzone. Che può piacere oppure no. Ma che dice espressamente «questa è la mia storia, solo la mia storia» e «nessuna malattia, nessuna guarigione». Insomma, il contrario di quel che dicevano i contestatori. Eppure, non basta. Altre contestazioni, cortei, proteste, insulti.


E questi sarebbero quelli che devono insegnarci la tolleranza?
Posso dirlo? Io - che non ce l’ho affatto con i gay e che ho trovato un po’ ridicole ed esagerate polemiche come quelle sulla Lanterna nel simbolo - da questa gente lezioni di tolleranza non ne accetto.

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