Il tarlo si era insinuato, lento ed inesorabile, e non gli dava pace: si era messo in testa che la moglie lo tradiva con il suo compagno di lavoro alla guida dei locomotori. I sospetti non trovavano conferma ma Claudio Pesci, 52 anni, macchinista delle Ferrovie in cura per depressione e per questo trasferito agli uffici, non ce l' ha fatta più. Si è procurato un grosso coltello e, ieri mattina, ha inferto nel sonno diversi colpi alla moglie, Gelsomina Mancusa, 49 anni, sua compagna di vita da 30 anni, facendola morire dissanguata.
Arrestato con l'accusa di omicidio volontario premeditato, Pesci ha lasciato un biglietto di poche parole nel quale chiede scusa alle figlie, Stefania di 26 anni ed Emanuela di 20, spiegando il motivo del suo gesto: l'infedeltà della moglie.
Si era convinto appunto che l' amante fosse un amico di vecchia data, suo collega macchinista, con il quale lavorava in coppia sui locomotori. Un sospetto alimentato dal fatto che la moglie, impiegata comunale, e il collega svolgevano entrambi attività sindacale. Un tormento che non gli dava tregua ma che non veniva tuttavia suffragato dai controlli, dagli appostamenti, persino dall' incarico dato ad una agenzia investigativa.
Teatro della tragedia, alle prime ore del mattino, l' appartamento al primo piano di una palazzina moderna, in via Tavella, nel quartiere residenziale di Castelletto, sulle alture della città, dove Pesci vive con la moglie e la figlia ventenne (l' altra, sposatasi due anni fa, si era trasferita a Campo Ligure).
Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, l' omicidio è stato preparato con cura. Due giorni fa Pesci acquista un grosso coltello da cucina (33 centimetri di lunghezza, dei quali 21 e mezzo di lama) e lo nasconde in casa. Ieri mattina chiude a chiave la stanza dove la figlia dorme con il fidanzato, anch' egli ventenne. Per evitare che il cane abbai, lo porta fuori e lo lascia all' interno dell' auto posteggiata sotto casa.
Tornato nell' appartamento, si dirige nella stanza da letto dove la moglie dorme ancora e la colpisce. Tre, quattro, forse cinque coltellate, una delle quali alla giugulare, due sicuramente al torace, con una tale forza da spezzare la punta del coltello.
Le urla della donna, che tenta di difendersi, svegliano la figlia ed il fidanzato. I due giovani sfondano la porta della loro stanza e si precipitano per vedere cosa sta accadendo.
Trovano l'uomo addosso alla moglie. È il fidanzato, Francesco, a disarmarlo. Afferra il coltello e lo porta in cucina, chiudendo la stanza a chiave per evitare che l' uomo lo riprenda. La figlia intanto chiama il 118: sono le 7.10.
Dal centro operativo della polizia scatta l' allarme. Sul posto giungono le volanti del commissariato Pre, il più vicino.
Inutili i tentativi di rianimare la donna. Il sangue è ovunque.
Sul cellulare dell' uomo, un ultimo messaggio, indirizzato al fratello che vive a Mantova: «Ho ucciso Mimma».
L' uomo viene arrestato e condotto in commissariato. Poi l' interrogatorio in procura. Difeso dagli avvocati Emanuele Lamberti e Maria Montemagno, Pesci viene sentito dal Pm Silvio Franz. Ammette il suo addebito ma dice di non essere in grado di riferire i fatti che ricorda in maniera confusa. Appare depresso e ansioso.
Pesci, secondo quanto appurato dagli investigatori, era in cura da marzo presso il centro di igiene mentale di via Peschiera ed assumeva un farmaco stabilizzatore dell' umore. In questi giorni aveva chiesto un appuntamento con il suo medico e avrebbe dovuto vederlo proprio oggi.
Nulla, secondo i familiari, i negozianti del quartiere, gli amici ed il medico che lo seguiva, lasciava però presagire un simile gesto. Pesci, secondo quanto riferito dalla figlia, negli ultimi tempi era anzi molto affettuoso con la moglie. Con il presunto rivale, aveva addirittura preso un caffè nei giorni scorsi, senza lasciar trasparire nulla dei suoi dubbi.
Nell' appartamento, la polizia ha trovato un computer acceso, verosimilmente usato dall' omicida nelle ore precedenti il delitto. Dall' esame dei files, potrebbero emergere elementi utili alle indagini.
Pesci era arrivato a Palazzo di Giustizia accompagnato dai poliziotti con il volto coperto da un indumento scuro per evitare di essere visto e fotografato.
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