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La generazione Expo «Questa metropoli cambierà con noi»

Intervista al patron dell’Inter, Massimo Moratti: «Voglio strade senza smog e con il verde padrone. I turisti avranno il meglio, ma è fondamentale costruire qualcosa per i cittadini»

Dopo la vittoria dell’Expo a prendere la palla e la parola è un milanese doc, l’industriale e patron dell’Inter Massimo Moratti. Anche nel suo luminoso ufficio in San Babila a Milano, con moquette e pareti di legno, si assapora ancora la gioia e il successo di una conquista tanto agognata: l’Expo 2015.

Presidente, adesso che Milano ha vinto l’Expo, qual è la prima cosa che la città deve fare?

«Be’, dopo il piacere di una vittoria di questo genere direi che la prima cosa da fare è godersi quantomeno il successo, e naturalmente pianificare quella che sarà una strada lunga ma costruttiva, da qui al 2015; un percorso che dovrà offrire il meglio non soltanto ai turisti che verranno qui, ma anche ai cittadini milanesi che, di questa Expo, dovranno essere quelli che ne godranno di più».

Di chi il merito per questa vittoria?

«Bisogna dire che Milano ha il merito di aver vinto perché è una metropoli che ha alle spalle una tradizione nel mondo molto forte. Quella di ieri avrebbe dunque dovuto essere una vittoria scontata, e invece così non è stato, per il fatto che la Turchia metteva molti Paesi nelle condizioni di sceglierla per opportunismo o necessità politica. Quindi la guerra è stata più pesante di quanto ci si poteva aspettare, e sia Letizia Moratti, sia tutto l’entourage, si sono attivati con più determinazione per riuscire a superare eventuali carenze dell’ultimo momento».

Quali sono le carenze che la città deve colmare in vista del 2015?

«Parecchie. Perché certamente se uno avesse la possibilità di scegliere una città in cui abitare, in questo momento non sceglierebbe Milano. E quindi le carenze sono proprio quelle più semplici: l’ambiente per esempio. L’aria è inquinata a livelli incredibili e poi bisogna aumentare il verde: non solo per vivere meglio ma anche per avere visivamente un panorama migliore e sentirsi in una città accogliente».

Milano sarà pronta, secondo lei, ad accogliere milioni di turisti?

«Be’, quelli che vengono abitualmente e che verranno per l’Expo sono turisti speciali. Turisti che vengono per il “bellissimo”. Che vengono per spendere, per investire magari e poi per visitare una grande Fiera che porta sempre tanta gente. Quindi è bene fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per ospitarli al meglio. Ma ancora più importante è costruire qualcosa di duraturo per i milanesi».

Nei prossimi 7 anni l’Expo 2015 sarà un fatto molto condizionante, della vita amministrativa milanese. Sarà inoltre sostenuto da un blocco partitico trasversale, destra e sinistra uniti nella lotta…

«Fare in modo che l’Expo 2015 riesca perfettamente, unendo sia le forze di destra che di sinistra, dovrebbe essere un dovere. Anche se non so quanto questo in Italia sia possibile. Qui i meriti vengono sempre tirati da una parte o dall’altra».

C’è davvero il bisogno di nuove strutture mastodontiche per ospitare l’Expo? Non potevano bastare i padiglioni della nuova Fiera, opportunamente adattati?

«Prendiamo l’esempio di Barcellona: si è rifatta totalmente e si è rilanciata a livello mondiale, rimodernandosi in termini razionali e spettacolari. Siviglia invece ha scelto di realizzare l’Expo fuori dalla città, ed è stata una strada che ha portato successo alla manifestazione ma non alla città. Intendiamoci: Siviglia ha fatto delle bellissime cose fuori dall’area urbana, ma ora c’è il rischio che diventino avulse dalla resto della città. Milano non deve correre questo rischio: so comunque che il progetto, anche se non ancora definito, sarà molto bello».

Ci sono Paesi che hanno meno risorse culturali rispetto a noi ma che sanno farle fruttare meglio… in che cosa abbiamo sbagliato in passato nell’investimento culturale?

«Oltre alla densità culturale, che in Italia certo non manca, occorre anche l’apertura culturale, ovvero la capacità di capire che chi viene da fuori ci sta portando moltissimo, e che per questo bisogna metterlo nelle condizioni di dare il massimo. Culturalmente Milano, comunque, non è proprio un esempio.

Con l’Expo daremo lustro all’immagine della città ma Milano d’ora in poi deve essere più obiettiva con sé stessa. Deve avere più autocritica: deve riuscire a reinventarsi partendo da quella che è la verità e non da illusioni».

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