A volte basta il cognome, ma per vincere le corse occorre avere gambe buone. Moreno Moser viene da quella famiglia lì. Sì, sì, quella dei corridori, dei campioni, di Francesco Moser, il plurivittorioso corridore italiano con oltre 270 vittorie all'attivo e un papà, Diego, che è stato corridore anche lui, più di cognome che di gambe.
Moreno Moser ha vinto la 49ª edizione del Trofeo Laigueglia con un acuto rossignano. Un assolo da vero "finisseur" per dirla tecnicamente. Una stoccata nel finale quando gli avversari non se lo aspettano assolutamente e sono tutti concentrati già a preparare la volata. Lui si guarda in giro, vede facce stravolte e lingue a penzoloni e via a cercare quello che non è mai riuscito a vincere nemmeno lo zio Francesco. Sì, dove lo zio ha sempre fallito, lui ha fatto centro subito alla terza corsa in carriera.
Vince un Moser, e già di per se è una notizia. Moser VI, per la precisione. Dopo la prima generazione, quella dei fratelli Aldo, Enzo, Diego e Francesco, e nella seconda, ma dopo Leonardo (figlio di Diego e fratello maggiore di Moreno). Moreno Moser, dunque, figlio di Diego, 21 anni, conquista con pieno merito la corsa che apre ufficialmente la stagione italiana.
È stato di gran lunga il migliore. Non ha vinto per caso e per una fortuita circostanza, ma ha messo tutti in fila con intelligenza tattica e forza. Se il Laigueglia fosse stato un match di pugilato, Moreno Moser avrebbe vinto per Ko. È scattato una prima volta a una quarantina di chilometri dall'arrivo, all'ultimo passaggio sul Testico, con Modolo, Rocchetti, il russo Brutt e il croato Rogina. Ripresi, è scattato una seconda volta sul pugnale di Pinamare, a meno di 10 dall'arrivo, quando ha raggiunto chi stava imponendo l'andatura. Ricompattati, è scattato una terza volta sul Capo Mele, stavolta da solo, a due chilometri e mezzo dall'arrivo, ed è stato lo scatto finale, decisivo, vincente. Guadagna 50 metri e quelli restano fin sotto lo striscione d'arrivo.
«Ad essere sincero avevo sognato di poter vincere a Laigueglia, ma ora che mi ritrovo con la coppa del vincitore mi sembra davvero un sogno
», ha detto Moreno, trentino di Palù di Giovo, la terra di tutti i Moser. «Sono frastornato, ancora non ci credo. Nel finale mi sono sentito bene e istintivamente mi sono trovato a fare come quando correvo con i dilettanti: quando ho visto il rallentamento sul Capo Mele sono partito».
Ha vinto dove non vinse mai lo zio Francesco, ma ora il suo nome è assieme a quelli di Bitossi e Dancelli, Merckx, DeVlaeminck e Lance Armstrong. E pensare che tutto incominciò con un pallone
«Con la maglia del Montecorona, giocavo da regista. Avevo molta visione di gioco, quindi ho capito quasi subito che era meglio che mi dedicassi al ciclismo... Come ero da bimbo? Miope e sfigato. Poi però ho trovato la mia strada, le miei motivazioni.
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