«Genio straricco che odiava la mondanità»

«Conosceva il mondo, ma non era un uomo di mondo».
In che senso, onorevole?
«Nel senso che Franco Ambrosio, il mio carissimo amico Franco Ambrosio, non indossò mai quei panni da jet set che invece i giornali gli cucirono spesso addosso. Anzi...».
Suona inizialmente forte, all'altro capo del filo, la voce dell'onorevole Paolo Cirino Pomicino. Ma un po' alla volta quella forza, sull'onda dell'emozione, finisce con l'incrinarsi.
«Mi scusi, è colpa dell'inaudita violenza ed efferatezza su due persone anziane che ormai come occupazione primaria avevano unicamente quella di fare i nonni».
Prego, onorevole... Stava dicendo che «anzi...»?
«Che anzi, i rapporti sociali di Franco erano inesistenti, al punto da poterlo definire quasi un orso. Non era infatti un napoletano, nel senso di un cittadino. Lui era di San Giovanni Vesuviano, uno normale al punto da arrivare a litigare con il fruttivendolo per il prezzo di un grappolo d'uva. E come lui, del resto, poco incline ai riti della vita mondana, era anche sua moglie, la povera Giovanna».
Ma la leggendaria villa?
«Senz'altro meravigliosa, affacciata com'è sul mare di Posillipo e ricca di storia per essere appartenuta a Giuseppe Paratore, ex ministro del Tesoro del governo Facta nel '22. Eppure le assicuro che lì non è mai stata organizzata una festa, che io me ne ricordi una. E dirò di più: non lo vedevo da un anno, ma so che lui, quella casa, aveva intenzione di lasciarla».
E allora il jet, o il grande motoscafo di cui si è favoleggiato?
«Favoleggiato, appunto. L'aereo era ciò che è per tanti imprenditori, l'indispensabile strumento di lavoro per uno che, come disse l'ex governatore di Bankitalia Guido Carli, era “un genio rapido”, uno capace di vedere e decidere in tempi brevissimi».
E il grande motoscafo?
«A ben guardare non era poi così grande, era un 15 metri. Sui nostri mari si vede incrociare ben altro».
Perdipiù l'aveva battezzato Manitoba, come un grano del Nord America, guarda caso qualcosa di legato al suo mestiere.
«Il significato del nome non lo conoscevo, ma appunto... Dà un'ulteriore conferma di chi sia stato Franco, ovvero un imprenditore al 100%, capace di essere al contempo per metà un genio del trading e per l'altra metà un vero industriale, uno che negli anni Ottanta creò un impero da 2.500 miliardi di lire. Per non dire della sua capacità di anticipare gli altri».
Per esempio?
«Aver intuito prima dei brasiliani il grande affare del carburante di origine vegetale».
Un difetto?
«L'ostinarsi a mantenere, nonostante le dimensioni raggiunte, una gestione quasi artigianale, senza top manager, da azienda di famiglia; una segretaria, un ragioniere e poco più».
Generoso fu però con la politica?
«Certo, finanziò campagne elettorali mie, ma anche del Pci napoletano o del Psi nazionale. E per questo fu crocifisso, anche se a ben guardare la politica avrebbe potuto fare poco o nulla per lui».
La pagò indubbiamente cara.
«Una persecuzione.

L'unico caso di un'azienda fatta fallire senza che i creditori - le banche - lo avessero mai chiesto. I Pm insomma riuscirono a fare un danno a lui e uno al sistema creditizio. E dire che quell'azienda, anche una volta fallita, continuò a produrre utili».

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