Harold Pinter, scomparso giovedì alletà di settantotto anni, è stato gratificato in vita del massimo elogio che sia mai stato tributato a un drammaturgo: essere cioè unanimemente considerato lautore drammatico per antonomasia del Ventesimo secolo.
Dagli anni Sessanta in poi, infatti, declinata la fortuna di Beckett e Ionesco, padri fondatori di quel Teatro dellAssurdo, vòlto a esplorare il dramma della condizione umana nei suoi aspetti più sordidi e grotteschi, lebreo Harold che col nome darte di David Baron pareva destinato a unoscura carriera di caratterista, esplode improvvisamente nel 57 con latto unico The room (La stanza). A quellepoca sono appena passati dodici mesi dalla consacrazione al Royal Court Theatre di Londra, tempio riconosciuto dei nuovi autori anglosassoni, del suo coetaneo John Osborne. Il quale, con Ricorda con rabbia, inaugurava lera dei giovani arrabbiati. La generazione in lotta col conformismo della società britannica colpevole ai suoi occhi di arenare le nuove leve della cultura nelle secche del consumismo. Ma Pinter, fin dallinizio, al di là del suo impegno politico nelle file dei laburisti, si colloca allestremo opposto della scala di valori aspramente contestata dal collega.
Il giovane commediografo abiura, infatti, la via della protesta anarchica. Quella ricerca, cara allestablishment radicale, di una via inglese a Bertolt Brecht. Ciò che lo interessa nella fase più nota (e più proficua) della sua carriera è registrare il disagio delluomo alle prese coi suoi simili, visti come un doppio inquietante della propria personalità.
Il protagonista delle sue pièce è infatti un altro da sé che, come avverrà in uno dei suoi capolavori, Il ritorno a casa datato 1965, si scinde in un intero coro formato da una pittoresca accolita familiare. Degli amorosi consanguinei che, travalicando le intenzioni delleroe, finiscono per imporgli luso sessuale della moglie, il più prezioso dei beni di scambio che luomo può offrire in pasto a quei sodali divenuti reietti. Ciò che critici ed esegeti della sua arte indicheranno nella formula teatro di minaccia, assume in questa prima fase aspetto e valore di analisi.
Ma lo sguardo derisorio e beffardo di cui lautore - memore delle farse, briose e velenose, concepite dagli autori drammatici della Restaurazione - gratifica i suoi squallidi eroi non ha nulla a che fare con le teorie freudiane. In un implicito ricorso allalto manierismo di Beckett che, in Aspettando Godot, si guarda bene dal rivelarci come mai Vladimir ed Estragon attendano con ansia larrivo di un ignoto Messia che identificano con Dio, Pinter nel Compleanno (il testo del 58 che è allorigine della sua fortuna) non ci fa mai sapere come mai Stanley, il pianista disoccupato al centro del dramma, si sia rintanato nellumido anfratto di una desolata stazione termale. Depistando addirittura la ratio per cui viene ricercato e in seguito giustiziato, come lattonito Josef K. del Processo kafkiano, dai due gangster emissari di un diritto abnorme imposto per eliminare il paria dalla scena del mondo. Anche se, in sede storica, luniverso pinteriano appare viziato da poetiche svariate e spesso contraddittorie, che vanno dal Pirandello del Gioco delle parti al microcosmo infido e fascinoso di Wilde, labilissimo fatturato delle sue opere frutto di un mestiere quasi infallibile e di una sapienza artigianale capace di fondere, nella stessa cornice, gli elementi più disparati va in gran parte addebitato a Joseph Losey.
Fu infatti grazie allinflusso del grande cineasta se Pinter si tramutò da un giorno allaltro in geniale sceneggiatore, per non dire coautore, di film memorabili come Il servo, Lincidente e Messaggero damore.
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