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Genoa, il pm chiede la retrocessione in C1

Dal Cin: «La sconfitta del Venezia quella sera è stata regolare»

(...) primo tempo di quella partita maledetta per un infortunio sospetto. In un'ora di botta e risposta il giovane ceco, pur sfoggiando un buon italiano, rimane sul vago quando spiega perché Pagliara gli aveva detto di fare un segno convenzionale come «slacciarsi uno scarpino» quando avrebbe voluto uscire dal campo per il fastidio alla coscia. Perché tanta segretezza?, lo incalza il procuratore. Senza ottenere una risposta soddisfacente.
Poi è la volta di Preziosi. Sicuro di sé, alzando spesso la voce, il «re dei giocattoli» parla di accuse «ridicole e incomprensibili». Racconta la tensione prima e durante il match col Venezia. L'eccessivo impegno, sette giorni prima, di un Piacenza senza obiettivi, «una cosa mai vista in 14 anni». Il timore di veder sfumare la promozione per il sospetto che gli avversari abbiano ricevuto un premio a vincere dal Torino. Le telefonate al presidente granata Attilio Romero e all'amico di lunga data Dal Cin. «Volevo solo controllare che la partita si svolgesse nel modo più regolare possibile», dice. Ma poi aggiunge: «In una partita normale tra la prima in classifica e una squadra già retrocessa, la retrocessa perde». Il procuratore Palazzi obietta e parla di lealtà sportiva. «Ma quale avversario? - tuona Preziosi - Era l'ultima partita con una squadra retrocessa, e Dal Cin era un amico!».
L'interrogatorio di Capozucca fila via liscio, il dirigente rossoblù descrive i passaggi che hanno preceduto la famosa busta da 250 mila euro trovata nell'auto di Pagliara. Ma lo show incomincia con Franco Dal Cin. L'ex amministratore delegato dei lagunari è un fiume in piena. Ripete che, per tranquillizzare l'amico Preziosi, lui ha solo vigilato affinché la partita fosse regolare. Poi spiega cosa intende: «Se la squadra senza motivazioni gioca con troppo impeto contro quella che deve solo vincere, quello è illecito sportivo. Se i miei giocatori si fossero impegnati oltre il normale, avrebbero fatto pensare che stavano prendendo soldi da un terzo». Palazzi quasi strabuzza gli occhi, ma Dal Cin continua: «Se il Venezia avesse perso quella sera, sarei stato contento. Era quello che doveva succedere in un calcio normale». Poi dà degli «handicappati» ai suoi dirigenti che hanno svenduto il paraguayano Ruben Maldonado per 450 mila euro (la busta di Pagliara era appunto l'acconto in contanti per il trasferimento), «creando un buco in bilancio da un milione e mezzo».
Per il procuratore federale il quadro è completo: Dal Cin ha «garantito un comportamento non esasperato dei suoi giocatori» al suo amico Preziosi, «e già questo rappresenta un illecito». Dopo la requisitoria, in aula compare Giuseppe Pagliara per rilasciare alcune dichiarazioni spontanee. Dice che quei contanti servivano per pagare le vacanze ai giocatori sudamericani del Venezia, che non percepivano lo stipendio da inizio stagione. E si sfoga: «Per colpa dei media sono diventato il nemico pubblico numero uno. Persino un casellante in autostrada mi ha chiesto dove avevo la valigetta con i soldi». È ormai sera quando gli avvocati della difesa concludono le loro arringhe. La Commissione si ritira in camera di consiglio, la sentenza è attesa per oggi. Per il Genoa è il giorno del giudizio.

Il Treviso, presente in aula come «terzo interessato» perché al posto dei rossoblù in A ci andrebbe lui, ora comincia a crederci davvero.

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