Genocidio armeno, schiaffo francese ai turchi

Il governo Villepin cerca di prendere le distanze: «La Francia tiene molto al dialogo e ai solidi legami d’amicizia e cooperazione tra i due Paesi». Europa preoccupata

Alberto Toscano

da Parigi

È ormai scontro aperto tra Parigi e Ankara a seguito dell’approvazione, avvenuta ieri all’Assemblea nazionale francese, del progetto di legge sul genocidio della popolazione armena a opera dei turchi, verificatosi durante la Prima guerra mondiale (dal 1915 al 1917). Diventa difficile in Francia esprimere pubblicamente posizioni secondo cui il massacro degli armeni sarebbe stato una pura fantasia. Parigi sceglie così di ricorrere alla legge per affrontare un problema storico e accontenta la forte comunità di origine armena presente entro i suoi confini. Dal cantante Charles Aznavour al deputato del centrodestra Patrick Devedjian, i francesi di origine armena sono sempre stati particolarmente sensibili al bisogno di denunciare il genocidio avvenuto al declino dell’impero Ottomano.
Il voto di ieri non basta a far entrare in vigore la nuova legge, che dovrà adesso essere approvata dal Senato nell’identico testo, ma che potrebbe essere emendata e quindi ridiscussa dai deputati. Insomma non si può ancora affermare che la negazione del genocidio armeno sia un reato in Francia. Comunque lo sarà, visto che difficilmente il Parlamento può tornare sui propri passi. Ieri un’aula semivuota ha approvato con una maggioranza eterogenea il testo presentato da un gruppo di deputati socialisti: 106 voti a favore, 19 contrari e 63 astenuti. Per una volta la logica di schieramento è completamente saltata, visto che ci sono membri della sinistra, del centro e della destra tra i favorevoli, tra i contrari, tra gli astenuti e soprattutto tra i numerosissimi assenti (la maggioranza dei 577 deputati).
Il disegno di legge prevede fino a un anno di reclusione e 45.000 euro di multa per i colpevoli di revisionismo storico a proposito del genocidio armeno. L’asprezza di tali pene mette benzina sul fuoco delle polemiche turche nei confronti del voto di ieri dell'Assemblea nazionale francese. L’idea stessa che gravi punizioni possano essere inflitte un giorno da un Tribunale di Parigi a carico di un immigrato turco, che racconta la propria storia nazionale così come l’ha imparata nelle scuole del suo Paese, manda su tutte le furie la stampa di Istanbul e Ankara. In questi giorni scritte antiturche sono comparse soprattutto a Parigi, dove la vicenda della «legge armena» ha provocato una certa emozione. «La Turchia non è in Europa», è la scritta che compare su un muro antistante il municipio della capitale francese. La comunità francese di origine armena è la più importante d'Europa, visto che comprende circa mezzo milione di persone, in gran parte presenti a Parigi e nella sua banlieue.
Il dibattito di ieri all'Assemblea nazionale è durato due ore, durante le quali i sostenitori della legge sono intervenuti criticando aspramente le autorità turche, che puniscono o comunque tendono a emarginare coloro che affermano l’esistenza storica e l'estrema gravità morale del genocidio. Già nel 2001 il Parlamento francese aveva votato una legge per riconoscere ufficialmente la tragedia armena, ma stavolta l’Assemblea nazionale ha deciso di punire il negazionismo. Proprio a causa del voto del 2001 la ministra francese degli Affari europei, Catherine Colonna, ha detto che «non c’è alcun bisogno di una nuova legge, visto che ne esiste già una che riconosce lo sterminio degli armeni». Queste parole dimostrano l'imbarazzo del governo di Dominique de Villepin, che teme le rappresaglie turche a scapito di interessi economici francesi. Secondo Catherine Colonna, il Parlamento non deve «intromettersi nel lavoro degli storici». E il ministero degli Esteri francese, con una nota, ha ribadito che «la Francia tiene molto al dialogo con Ankara e ai solidi legami di amicizia e cooperazione tra i due Paesi. Insomma un’ulteriore presa di distanza.
Alle perplessità francesi si aggiungono quelle della Commissione di Bruxelles, che teme l’inasprimento delle relazioni euro-turche. Il portavoce del commissario all'allargamento dell’Unione, Olli Rehn, ha detto che «il voto francese complica le cose e non costituisce certo un passo avanti sulla via del dialogo».

Certamente il dialogo per l’ingresso della Turchia nell'Unione Europea è oggi più difficile, circostanza che gran parte dell'opinione pubblica francese - apertamente contraria a quell’ingresso - vede comunque con malcelato favore.

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