Da Genova doveva partire il golpe dopo l’attentato a Togliatti

Immediatamente dopo l'attentato al segretario comunista Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948, ci fu «un evidente tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale».
Lo denunciò il giorno seguente, aprendo la seduta del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, invitando il ministro dell'Interno, Mario Scelba, a riferire sulle manifestazioni e gli incidenti in varie parti d'Italia.
Dopo aver elogiato gli organi dello Stato per la loro azione, De Gasperi denunciò l'esistenza di «un piano» dei comunisti che «intendono attuare al momento opportuno».
Quel piano contemplava «il pericolo di una dittatura comunista».
Le forti preoccupazioni dello statista democristiano su quelle drammatiche ore seguenti all'attentato a Togliatti, con l'Italia bloccata dallo sciopero generale indetto dalla Cgil e sconvolta dagli scontri di piazza con morti e feriti, riaffiorano dai «Verbali del Consiglio dei ministri del governo De Gasperi dal 23 maggio 1948 al 14 gennaio 1950», pubblicati ora in edizione integrale e critica dall'Archivio Centrale dello Stato di Roma, a cura di Francesca Romana Scardaccione e con la prefazione di Aldo G. Ricci.
Il quadro delle proteste fornito da Scelba nella riunione del governo del 15 luglio 1948 era fosco, ma il ministro dell'Interno cercò di non drammatizzare più di tanto: «Non si può in sostanza essere malcontenti, considerata la grave minaccia che incombeva sul Paese».
La situazione era tuttavia particolarmente grave a Genova, dove per alcune ore si era perso il controllo della situazione, a Torino (con 30 fabbriche occupate), Napoli, Bologna, Taranto, Piombino, Pisa.
Prima di un'interruzione tecnica della seduta del governo, per consentire ad Alcide De Gasperi di ricevere il segretario della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, Scelba ventilò la possibilità di invocare l'applicazione dell'articolo 214 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che prevedeva la possibilità in casi simili di proclamare lo stato di pericolo pubblico, con l'eventualità di trasferire i poteri dalle autorità civili a quelle militari.
L'incontro tra De Gasperi e Di Vittorio fu decisivo, perchè come riferì il Presidente del Consiglio alla ripresa della riunione, Pci e Cgil dichiararono di non avere alcuna intenzione di spingere la situazione a un punto di rottura, ma di voler revocare lo sciopero e di attendere un gesto formale che consentisse loro di fare marcia indietro.
In ragione di ciò, il governo decise che le dichiarazioni che Scelba avrebbe fatto nelle ore successive alla Camera sarebbero state caratterizzate da «un tono obiettivo e sereno».


Nell'ultima parte della seduta, ormai a tarda notte, venne invece scartata da De Gasperi l'eventualità, prospettata da Scelba, anche in caso di dichiarazione dello stato di pericolo pubblico (come era avvenuto a Genova per alcune ore) di trasferire i poteri ai militari, i quali «non conoscendo la situazione politica, generalmente trattano poco abilmente con gli avversari».
La riunione del Consiglio dei ministri si chiuse con un ultimo contatto con i dirigenti della Cgil che annunciarono la revoca dello sciopero.

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