Genova e l’omicidio Rossa

Grande successo di pubblico anche alla settima lezione di Storia di «Genova italiana», promossa ed organizzata dalla Fondazione Garrone con la collaborazione di Editore Laterza e Palazzo Ducale Fondazione per la cultura. Giovanni Bianconi, inviato speciale del Corriere della Sera, ha ripercorso i tragici avvenimenti che videro Genova crocevia importante del panorama eversivo degli anni '70-80, quando Guido Rossa, operaio Italsider, rappresentante sindacale della Fiom-Cgil ed iscritto al Partito comunista italiano, venne trucidato la mattina del 24 gennaio 1979, dalle Brigate Rosse, in via Fracchia a Oregina. Tutta la città rimase sgomenta ed impaurita, ma circa 250mila persone parteciparono ai suoi funerali, sotto una gelida pioggia e le lacrime di Sandro Pertini. Il gruppo di fuoco delle Brigate Rosse, con tale assassinio, firmò anche l'inizio della sua sconfitta. Quattordici mesi dopo, il 28 marzo 1980, i carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, indirizzati dal primo «pentito» di rilievo, Patrizio Peci, sempre in via Fracchia, all'interno di un «covo», sorpresero ed uccisero quattro brigatisti, fra i quali Riccardo Dura, colui che finì, con un colpo al cuore, Guido Rossa, che avrebbe dovuto invece essere solamente «gambizzato».
La città di Genova si è ritrovata, ancora una volta, «coinvolta» ed al centro di tragici avvenimenti della Storia «italiana» che vide anche le tragiche morti di Aldo Moro, di Forze dell'ordine, magistrati, giornalisti, sindacalisti e personaggi politici. Secondo l'inchiesta di Sergio Zavoli «La notte della Repubblica», dal 1974 al 1988 (omicidio di Roberto Ruffilli), le Brigate rosse hanno rivendicato 86 omicidi, più i ferimenti, i sequestri di persone e le rapine compiute per «finanziarsi».
Gli storici, i «politici», gli intellettuali, ecc.. prima o dopo, dovranno porsi la «domanda» del «perché, in Italia, sia potuta crescere una simile violenza terroristica», che vide anche «simpatie collaterali più o meno sommerse». Alcuni hanno ipotizzato che ciò fosse dovuto alla crescita tumultuosa di una società priva di «valori». Come genovesi e liguri non possiamo allora ignorare che la «Comunità Ligure», in oltre 700 anni di Storia, era riuscita a «costruire e forgiare», fra mille difficoltà, una Nazione indipendente, la Repubblica di Genova, con una sua Civiltà ed autentici «valori» (http://www.mil2002.org/10_valori.htm) che sono stati capaci di tenere la Comunità lontana da rivolte e sommosse violente del suo popolo.

Una domanda ci viene allora spontanea: una Liguria «rimasta» indipendente e quindi non «coinvolta» nelle tragiche scelte «italiane» di due guerre mondiali e di «inopportune» guerre coloniali, non avrebbe seguito la strada che ha percorso la Svizzera: pacifismo e sano pragmatismo?
*presidente Mil

Movimento Indipendentista Ligure

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