Genova fa Cultura ma per piacere basta coi «Gay Pride»

(...) programmazioni estive più alte di quelle del capoluogo, occorre riconoscere onestamente che ora si vola altissimo.
Penso, ovviamente, alle iniziative di Palazzo Ducale e della Fondazione della Cultura del Comune: dalla mostra su De Andrè a quella di Sergio Maifredi Oltre il muro e alle relative iniziative collegate, siamo nell’alto dell’alto dei cieli culturali. Con la ciliegina sulla torta della proiezione pubblica di Katyn nel Salone del Maggior Consiglio, qualcosa che resterà nei nostri cuori, nei nostri occhi, nelle nostre menti e nella storia di Genova.
Ma anche fuori dal Ducale, non è che ce la passiamo male. La bellissima sfilata di Andrea Odicini alla Stazione Marittima, così raffinata e così poco provinciale, e il resto delle manifestazioni legate ai jeans hanno lasciato il segno. Le Frecce Tricolori e tutto quello che il Comune ha realizzato insieme a Costa Crociere e Fincantieri per il doppio varo di Luminosa e Pacifica, da Noa a Giorgia, passando per il vestito di Ilaria D’Amico stropicciato dal vento, hanno emozionato il pubblico.
E, fra quello che sta arrivando, ci sono cose che si annunciano ottime. Penso al racconto di Conrad ambientato a Palazzo Rosso e, in particolare, al ciclo dell’Archivolto. Che abbina lettura e teatro, emozioni e dibattiti, attualità e inattualità in un percorso davvero interessante che porterà nel cortile di Palazzo Tursi, dopo Belpoliti (e li c’ero anch’io e quindi posso testimoniare in prima persona) e De Silva, Daria Bignardi, Mario Calabresi e Giancarlo De Cataldo, in compagnia del cuore dell’Archivolto, Pina Rando e Giorgio Gallione, e di tre delle sue anime: Rosanna Naddeo, Giorgio Scaramuzzino e Ugo Dighero.
In tutto questo, secondo me, c’è solo un particolare che stona: il gay Pride o «Genova Pride» come l’hanno pomposamente ribattezzato. Non ho assolutamente niente contro i gay - anzi, ho tanti amici omosessuali - e riconosco senza problemi che quella di sabato scorso è stata una sfilata pacifica, senza incidenti, peraltro rovinata dagli eccessi di pochi, come ha fatto giustamente rilevare anche l’assessore Mario Margini, insieme al Giornale, mentre il resto della stampa agitava turiboli di inchiostro a testate unificate.
Ma mi chiedo cosa c’entri tutto questo con la cultura. Secondo me, nulla.


E la prosopopea con cui viene celebrata «Genova città dei diritti», mi piacerebbe lasciasse spazio a un solo diritto dei genovesi: quello ad essere amministrati bene e ad avere una città con servizi decenti e un’attenzione particolare ai più deboli, per esempio bambini e anziani, i fruitori del verde pubblico.
Quando ci sarà quella, allora potremo davvero essere orgogliosi di Genova. Allora quello sarà il vero Genova Pride.

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