Genova ha già dimenticato Taviani, il suo «re» scomodo

Genova ha già dimenticato Taviani, il suo «re» scomodo

Intorno alla figura del senatore Paolo Emilio Taviani, è da tempo calata una cappa di soffocante silenzio. Specialmente a Genova e a Bavari, (matrigne ingrate), dove il più volte ministro della Repubblica (nonché capo partigiano e padre costituente) era stato incoronato «il re», quando ancora era in vita. Il «re di Bavari», lo definiva la stampa nostrana e a volte anche quella nazionale. Ma senza reggia aggiungo Io. Poiché per chi come me è nato a Bavari e per chi la conosce, sa che la sua residenza, era una modesta semplice casetta di campagna, acquistata dai suoi genitori che andavano a villeggiarvi l'estate.
A Bavari il Taviani adulto, costretto a vivere fin dal ‘47 più a Roma che a Genova, si rifugiava alla ricerca di pace e serenità e frequentava i contadini e le persone che conosceva fin da bambino. E a questa parte di Genova e a questa gente il Senatore a vita è rimasto legato fino alla fine. Se Bavari nel secondo dopoguerra fu preservato dallo scempio edilizio che deturpò altri paesi limitrofi, il merito deve essere ascritto soprattutto al leader democristiano, ispiratore del decreto ministeriale che, il13 febbraio 1968, sottoponeva a vincolo di tutela paesaggistica le località di Fontanegli, Montelungo, Bavari e Stallo. Come non ricordare poi, la costante attenzione che l’uomo politico riservò al locale tessuto sociale, di matrice sia laica che ecclesiale, favorendo la ricostruzione della società operaia cattolica (poi circolo Acli) e la fondazione della pubblica assistenza Croce Azzurra di Bavari nonché del campo di calcio ad oggi in disuso. Malgrado ciò, oggi mi chiedo, il perché di tale amnesia che dura da quasi un decennio. A parte un «Largo» (davanti al Museo del mare) dedicatogli da Pericu, in occasione dei festeggiamenti in onore di Cristoforo Colombo, a parte una fugace menzione da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione dei festeggiamenti del 25 Aprile, sia la Genova di centro destra che quella di centro sinistra sembrano aver voluto deliberatamente relegare il Senatore a vita Paolo Emilio Taviani fra i ricordi (scomodi?) da tenere in archivio su scaffali polverosi e non consultabili da nessuno. Dispiace. Dispiace che Genova e Bavari non abbiano giammai avvertito l’esigenza di commemorare convenientemente la figura di questo uomo illustre, vanto non solo per Bavari, ma per Genova, la Liguria e per tutto il Paese.
Dispiace che l’Establishment politico cittadino non voglia ricordare Paolo Emilio Taviani: un grande uomo, un grande ligure che ci ha onorato della sua presenza e ha fatto molto per questa terra, ma che soprattutto ci ha dato insegnamenti di vita molto importanti. Forse non gli ha giovato essere rimasto fedele fino alla fine, agli ideali cristiano-democratici che ispirarono la sua azione politica dalla giovinezza alla tarda età? Forse non gli ha giovato, essere un «partigiano bianco» facente parte del Comitato di liberazione nazionale genovese in rappresentanza della Democrazia cristiana insieme a Giulio Marchi e ad Augusto Solari? Ma agli smemorati ricordo l’irreprensibile vita politica di questo grande servitore dello stato e il fatto che se tutto il mondo scientifico oggi sostiene che Cristoforo Colombo è genovese, grande parte del merito, anzi il merito, è di Paolo Emilio Taviani.


Questo va sempre ricordato, e per questo dovremmo lavorare e continuare a lavorare affinché le giovani generazioni comprendano il messaggio importantissimo che ci arriva dal ricordo di Paolo Emilio Taviani che «Insegnò a molte generazioni, soprattutto con l'esempio, a coniugare l'esercizio del potere con l'onestà, gli onori delle funzioni pubbliche con la frugalità del privato».

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