«Genova, l’ascella d’Italia con le auto messe sui tetti»

«Genova, l’ascella d’Italia con le auto messe sui tetti»

(...) del titolo, mentre la cronologia può essere solo un’opinione. La musica, uno strumento. La scusa per non dare tregua al pubblico che anche a Genova ha esaurito per due sere consecutive il Vaillant, anzi, il «Palacaldaia» per dirla con Fiorello. Perché la pubblicità è l’altro strumento preferito dell’artista, che con il vino in cartone conservato in cantina non si limita a una sola battuta. La politica, sì, certo, trova spazio ma, eccezione nel panorama nazionale, non ispira mai una comicità militante. Tanto che di Genova, «l’ascella dell’Italia», talmente «incasinata che le auto sono parcheggiate anche sui tetti» mentre per arrivare alla Fiumara «ci vogliono tre ore e la rampa della Sopraelevata si fa a uno all’ora», vengono risparmiati gli amministratori.
Fiorello fa il tutto esaurito anche perché - specie a Genova - porta tre o quattro spettacoli facendo pagare un solo biglietto. Il concerto (superbo grazie anche al maestro Enrico Cremonesi e alla sua orchestra) che concede qualcosa al karaoke, il cabaret sempre originale e senza una battuta già sentita, l’imitazione e la lezione di storia della musica sono sempre tenuti insieme dall’improvvisatore, che riesce a trasformare in divertimento anche una pausa per un guasto tecnico. Fiorello gioca con il pubblico, e se per caso gli capitano a tiro anche i Vip è nel suo. Per conferma, basta chiedere a Pazzini, che rischia una macumba perché non vuole ballare sul palco, o a Cassano che, pur se assente, viene trascinato in scena con un’imitazione preventiva dedicata al momento in cui sposerà Carolina, e il prete dovrà intuire cosa dirà Fantantonio con la mano davanti alla bocca.
Fiorello è a suo agio con l’armonica come con la batteria di Stefano D’Orazio del quale si propone come successore ai Pooh, che per parte loro irrompono sul palco sottoforma di ologrammi proiettati su muri fatti di migliaia di led luminosi.

Gli effetti speciali che tanto piacciono come bersaglio per le battute, sono in realtà anche il tocco in più dello spettacolo. Perché fanno sì che Mamma, o Miniera, successi tristi degli anni Trenta, infiammino anche un «Palacaldaia» nel 2010. Il cd sul grammofono. Fiorello.

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